Galeotta fu Lady Oscar e la sua passione per le armi. Siamo ufficialmente entrati nel nuovo decennio da circa una settimana, ma i problemi restano sempre gli stessi: in amore, guerra e spettacolo è davvero tutto permesso?
La risposta, a dire il vero, pare essere “ni“. Nessuno è intoccabile, specialmente quando parliamo di satira, di quella più pungente che non risparmia nessuno, dagli uomini più potenti al mondo (ultimo in ordine cronologico: il Papa, preso in giro sui social network per il suo “gestaccio” ai danni di una fedele troppo veemente) sino agli appartenenti alle categorie più “deboli“, dagli immigrati al variegato popolo LGBT.

Guerra di spade

E’ stato proprio il cosiddetto “popolo arcobaleno” ad insorgere nei giorni scorsi per una battuta non proprio elegante, ma di certo scontata da parte del frontman dei Gem Boy, Carlo “CarlettoFX” Sagradini. La coriacea band – in tour con la mitica regina delle sigle cartoon Cristina D’Avena – non è mai stata famosa per il suo “tocco di velluto”, tutt’altro. Il gruppo si diverte a storpiare sigle e canzoni famose, intonando su melodie preesistenti testi satirici ed irriverenti. Si tratta, insomma, di una delle prese in giro più primitive che esista (chiunque, una volta nella vita, avrà tentato di riscrivere il testo di una hit per mero divertimento), colorita nel linguaggio ma assolutamente innocua, inoffensiva.
Da “Un mondo d’amore” di Gianni Morandi (che la band bolognese ha trasformato in un inno d’amore…alla marijuana) alle celeberrime “Feccia cartoon” e “Orgia cartoon” – nelle quali il sestetto, intonando le sigle degli anime, estremizza tendenze amorose ed “abitudini” corporali – sin dalla loro fondazione negli anni Novanta il gruppo è diventato famoso soprattutto tra i giovani per questa satira demenziale, che riesce a strappare una risata persino tra le “categorie” prese di mira, in maniera sempre leggera, da CarlettoFX e dai suoi colleghi. Qualcosa, però, è cambiato nell’animo delle persone, non più abituate all’autoironia e alla presa in giro senza doppi fini. A dare il via a questa nuova ondata di moralismo (talvolta inutile), corredato da immancabile gogna mediatica, è stato Tiziano Ferro che ha puntato il dito solo ed esclusivamente contro il rapper Fedez, tacciandolo di omofobia (peccato che il “signor Ferragni” non sia l’unico artista ad ironizzare sull’omosessualità nelle sue canzoni e che il giovane non prenda di mira solo il popolo arcobaleno).
La seconda vittima illustre della “fumantina” ondata di buonismo è stato, incredibile ma vero, proprio quel Checco Zalone osannato a destra e a manca, almeno sino all’uscita del trailer della sua ultima fatica cinematografica “Tolo Tolo“. E’ bastato che il comico pugliese rilasciasse il video della sua canzone “L’immigrato” per far alzare un’ondata di sdegno degna di uno tsunami. “Zalone è razzista!”, “La sua canzone istiga al razzismo“: queste le più feroci critiche indirizzate ad un uomo la cui tagliente ironia è stata la principale fonte di successo. Ironia sempre intelligente, che non ha risparmiato nessuno, ma ha trovato anche comprensione totale da parte dei sostenitori dell’attore e non solo e che, nelle ore successive all’infuocata polemica, ha comunque permesso al buon Zalone di mietere ottimi incassi al box office.

“Non mi scuserò”

La convinzione generale è che esista un’incoerenza di fondo: quanti, tra gli “untori” di Checco Zalone dell’ultima ora, avranno pagato l’ingresso al cinema per la visione di “Tolo Tolo”? Basterebbe che anche un solo sostenitore dell’accoglienza “senza se e senza ma” avesse posato lo sguardo sull’ultima fatica del comico per rendere questa diatriba vuota. Stesso discorso potrebbe essere applicato nel caso del concerto di Capodanno dei Gem Boy e Cristina D’Avena, al quale hanno anche assistito – senza particolari intoppi, almeno sino all’uscita “incriminata” del cantante CarlettoFX – Mariella Fanfarillo e sua figlia Olimpia, giovane transgender. Ad appiccare l’incendio è stata la battuta del performer bolognese poco prima di intonare con la D’Avena la celeberrima sigla di “Lady Oscar“. “Vladimir Luxuria è invidiosa di Lady Oscar, perché ha una spada più lunga“, ha sibilato Sagradini, suscitando l’ira funesta della donna, che avrebbe dato immediatamente in escandescenze provocando una stizzita reazione tra il pubblico ed un’imbarazzata richiesta di scuse da parte di Cristina D’Avena, da sempre sensibile alle tematiche LGBT.
La reazione del diretto interessato, invece, è stata piuttosto ferma. Dopo aver sottolineato che la battuta era stata a lui suggerita da un amico gay ed aver ribadito che i Gem Boy sono vicini alle battaglie condotte dall’universo LGBT, il frontman della band rimanda al mittente ogni sottintesa accusa di omofobia o razzismo raccontando agli organi di stampa la sua versione dei fatti. “Tanto per incominciare, la battuta era diversa e non certo gratuita – spiega l’artista – In uno dei tanti siparietti sul palco, fingevo di aver rubato il cellulare a Cristina. Leggevo i vari sms, partendo da Siffredi (‘Ciao sono Rocco, tuo papà Gambalunga’) fino appunto a quello di chiusura su Vladimir, che serviva a lanciare la canzone di Lady Oscar. Il suo finto sms era: ‘Ciao Cri, sei una grande, potresti dedicarmi Lady Oscar? È un personaggio in cui mi identifico molto anche se io ho la spada più lunga“.
Prosegue CarlettoFX: “Quando poi è finito lo spettacolo, è arrivata questa signora: si è lanciata in un monologo acceso e critico monopolizzando tutto il fine serata e prendendo a male parole anche chi, tra la polizia municipale, la invitava a calmarsi. Alla fine mi ha dato un suo libro, dove racconta la storia di transizione di sua figlia. Se voleva farmi riflettere, poteva scegliere un modo più civile. O forse cercava solo visibilità – sottolinea il cantante, che conclude – Scusarsi vorrebbe dire ammettere di aver sbagliato: sono stato semplicemente me stesso, ho fatto quello che faccio da anni. L’essenza dei Gem Boy è la trasgressività“.
Una presa di posizione chiara, che merita la stessa comprensione fornita ad Olimpia e a sua madre, le quali probabilmente non erano ben coscienti del genere demenzial-musicale proposto dai Gem Boy. Il problema, però, risulta essere più complesso: qual è il confine tra semplice “sfottò” e aggressione gratuita? Ma soprattutto, è davvero possibile ridere di tutto con innocenza, oppure esiste un limite etico-perbenista che non si deve mai oltrepassare?