Brisbane (Australia) – Non esiste alcun dubbio, purtroppo: il bullismo è divenuto rapidamente uno dei peggiori mali della nostra società. Potremmo tranquillamente paragonare il dilagare di episodi di pura cattiveria alla diffusione del Coronavirus: difficile da arginare, devastante o addirittura mortale per le vittime di continui episodi denigratori, violenti, lesivi della propria psiche. A nulla sembrano valere i continui appelli di istituzioni, genitori, insegnanti all’indirizzo delle menti più labili, quelle dei giovanissimi, che spesso reputano cool prendersi gioco del più debole, ridendo con indicibile crudeltà dei difetti fisici o emotivi dei propri agnelli sacrificali. Peccato che i bulli non prendano quasi mai in considerazione le drammatiche conseguenze dei propri gesti, perché spesso le vittime di atti di bullismo tendono a nascondersi e a vedere nel suicidio addirittura un sollievo alle proprie sofferenze. Cosa accadrebbe se, però, il “branco” venisse messo di fronte alla malvagità delle proprie azioni?

Mamma coraggio

Nelle ultime ore ha suscitato scalpore un video postato da Yarraka Bayles, mamma del piccolo Quaden, nove anni, affetto da acondroplasia, la forma più comune di nanismo. Il bimbo, capello biondo e sorriso contagioso, è stato immortalato proprio dalla signora Bayles dopo aver “incassato” l’ennesimo atto denigratorio dai suoi compagni di scuola, evidentemente poco educati alla conoscenza e al rispetto del diverso. Un filmato breve ma straziante, nel quale il bimbo ripete in lacrime: “Mamma, voglio morire“, postato dalla madre di Quaden sulla propria pagina Facebook non senza qualche remora. “Ho appena preso mio figlio a scuola, ho assistito a un episodio di bullismo, ho telefonato al Preside e voglio che le persone sappiano – genitori, educatori, insegnanti- che questo è l’effetto che ha il bullismo“, ha spiegato Yarraka Bayles, che ha incassato tantissime attestazioni di stima e solidarietà, ma anche critiche gratuite e fuori luogo per aver deciso di mostrare il piccolo Quaden in tutta la sua fragilità.
Il dettaglio più inquietante di questa brutta storia, però, è che il bimbo ha già tentato di togliersi la vita dall’età di sei anni. La madre ha raccontato alla stampa il dolore ed il senso di impotenza provati nell’istante in cui ella stessa – in compagnia della sorella e della nipote di Quaden – ha assistito agli sfottò dei compagni all’indirizzo del bimbo, reo di essere più basso della “media”. “Non voleva che la gente sapesse quanto lo stesse colpendo – ha spiegato la Bayles – è così forte e fiducioso, ma ci sono momenti come questi in cui lo vedi semplicemente sgretolarsi… È stato straziante guardare, mi ha fatto sentire impotente“, ha spiegato la donna che ha reso pubblico al mondo lo shoccante filmato di Quaden con l’unico scopo di sensibilizzare l’opinione pubblica sulle conseguenze del bullismo in tenera età.

Supporto

A seguito di questo terribile episodio, Quaden è stato ritirato da scuola continuando la sua educazione didattica a casa, protetto dal calore di chi gli vuole bene. Un bene manifestato anche sui social da utenti provenienti da ogni parte del globo, che hanno virtualmente abbracciato il bambino australiano e la sua famiglia diffondendo il messaggio di mamma Yarraka e facendosi promotori di una campagna massiccia per dire “no” al bullismo. Non sono mancate, inoltre, attestazioni di stima da parte di personaggi pubblici, come il designer Josh Yasserie – che ha creato un’immagine dedicata a Quaden, ricondivisa sui social network dai campioni della Rugby League, tanto amati dal piccolo, la star australiana Hugh Jackman (“Sei più forte di quello che credi“, ha dichiarato l’indimenticabile Wolverine in un video postato sul proprio profilo Twitter) o l’attore della serie TV “Gomorra” Salvatore Esposito, che ha condiviso sul proprio account Instagram il video di Quaden accompagnandolo con parole durissime: “Basta! Educhiamo i nostri figli al rispetto per la vita e dei dolori altrui, perché nessun bambino nasce bullo, gli viene solo insegnato ad esserlo!“.
Parole sacrosante, che ben evidenziano il sempreverde problema educativo che sta alla base della sempre più diffusa piaga del bullismo, per il quale non esiste un vaccino, ma una cura c’è: si chiama sensibilità.