Ci siamo quasi: la fatidica data del 4 maggio si sta avvicinando e con essa tutte le prospettive, le speranze, le paure delle quali abbiamo caricato questa giornata.
Il 4 maggio coincide con l’inizio della limitazione delle restrizioni alle quali il Governo italiano ha sottoposto la popolazione e che hanno portato ad una, seppur lieve, diminuzione del contagio da Covid-19. Un timido inizio che, però, fa ben sperare e che permetterà a lavoratori e civili di ripartire, anche se con il freno a mano ancora tirato.
Per comprendere maggiormente come verrà gestita la cosiddetta “Fase 2” abbiamo chiesto all’infermiere calabrese di stanza a Como Francesco Garofalo di parlarci di questo delicato step e di fornirci qualche piccolo consiglio per ridurre al minimo qualsivoglia rischio di contagio.
Nato a Soveria Mannelli (CZ) 30 anni fa, dopo aver conseguito la Laurea Infermieristica presso l’Università “Magna Graecia” di Catanzaro ed un Master in Management delle Professioni Sanitarie, Francesco Garofalo si è trasferito nel comasco, dove da cinque anni esercita la professione di Coordinatore Infermieristico presso una RSA/Casa Albergo/Centro Diurno Integrato/Comunità Psichiatrica. Un incarico delicato, soprattutto in un periodo storico così complesso e in una regione, la Lombardia, attualmente focolaio di un virus tedioso, letale e pericoloso. Conscio dei rischi del suo mestiere, tuttavia il giovane Garofalo non si arrende ed ha scelto coraggiosamente di restare in trincea piuttosto che rientrare in quel Sud che ama e nel quale risiede la sua famiglia.

  • Ci stiamo rapidamente avvicinando alla tanto agognata “Fase due” dell’emergenza Covid-19. Può spiegarci brevemente in cosa consisterà? La fase due è l’inizio di una graduale uscita dal lockdown, cioè il periodo in cui si potranno allentare le misure restrittive per tornare pian piano alla normalità. Ad oggi ci sono molte ipotesi e ancora non è molto chiaro come il Governo e gli organi preposti abbiano intenzione di affrontare questa fase. Si parla di differenziare le riaperture a seconda dei fattori di rischio, dividendo l’Italia in macro-aree a seconda della diffusione del contagio. Quello che è sicuro è che ancora per molto tempo dovremo convivere con il virus.
  • In che modo cambieranno le nostre abitudini a partire dal 4 maggio? Secondo la sua opinione saremo pronti a ritornare alla normalità, seppur a piccole dosi? Il percorso verso la normalità sarà lento e graduale e alcune nostre abitudini sono destinate a cambiare; tutto comunque dipenderà dall’indice di contagio che avremo dopo la prima fase di riapertura. Sicuramente è presto per parlare di ritorno alla normalità, potremo piuttosto definirlo l’inizio di un cammino che, se non gestito al meglio, può rivelarsi fatale. Basti pensare alla Spagnola che ci ha colpito 100 anni fa: la seconda ondata fu molto più letale della prima. La prima ondata somigliava alle tipiche influenze stagionali e colpì prevalentemente soggetti anziani e immunodepressi, a differenza della seconda, quando il virus subì delle mutazioni e colpì anche soggetti sani, diventando molto più letale.
  • Persisteranno ancora delle limitazioni nella “Fase due”? Se sì, quali saranno? Aziende e negozi che riapriranno dovranno seguire regole molto stringenti, che vanno dallo scaglionare gli ingressi all’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale, alle pulizie dei locali più volte al giorno, al distanziamento di almeno un metro. Molto probabilmente ci saranno regole anche per gli spostamenti degli over 70 e per gli under 18.
  • Può fornirci qualche consiglio pratico su come salvaguardare la nostra e l’altrui salute nel momento in cui il Governo avvierà il ritorno alla vita normale?Sicuramente. E’ importante continuare ad indossare le mascherine, lavarsi bene le mani, indossare i guanti ove richiesto, evitare di toccarsi il viso con le mani, pulire le superfici con soluzioni a base di alcol, mantenere la distanza di sicurezza (almeno 1 metro), evitare assembramenti. In poche parole, dobbiamo metterci in testa che, quando ci sveglieremo il 4 maggio, non ritorneremo ad una totale normalità.
  • Il 22 aprile il mondo celebrerà l’Earth Day, la Giornata della Terra. Il nostro pianeta pare essere stato l’unico ad aver beneficiato delle ridotte emissioni di CO2 da parte di fabbriche ed automobili. Crede che questo miglioramento sarà destinato a durare? Come potremo continuare a salvaguardare la Terra a partire dal 4 maggio? Aria pulita e livelli di inquinamento ai minimi: questo è l’effetto collaterale delle misure adottate in Italia e nel mondo per contrastare il Covid-19. Il blocco del traffico e di alcune attività industriali hanno ridotto significativamente le emissioni di CO2. Il primo a beneficiarne è l’ambiente che, mai come questa volta, ha tirato un sospiro di sollievo. Ci sono degli studi che hanno evidenziato una correlazione tra i più importanti focolai e le grandi metropoli, che si caratterizzano per l’aria inquinata, mancanza di spazi verdi e assembramenti di persone. Oggi più che mai potremo salvaguardare l’ambiente, approfittando di questa situazione per puntare su fonti di energia rinnovabili, prodotti bio ed eco sostenibili: ma ancora una volta la nostra cara Italia si troverà impreparata. Nel nostro piccolo, continuiamo a fare la raccolta differenziata, a ridurre il consumo di acqua e di energia elettrica, ad acquistare mobili con legno certificato, ad usare carta riciclata e a fare una spesa intelligente al fine di evitare sprechi.
  • Altro problema ambientale riguarda l’inquinamento dato dall’abbandono coatto di mascherine e guanti monouso per strada. Questa pratica criminale potrebbe causare un riacutizzarsi del focolaio Covid-19? Come possiamo evitare tutto ciò? Non nego di essere rimasto sorpreso e amareggiato dal constatare che, mentre la maggior parte della popolazione sta cercando di fronteggiare con serietà la più grande crisi sanitaria della nostra storia rispettando regole rigide, molti altri invece si lasciano ancora andare a comportamenti incivili e inaccettabili. Ricordiamo che i dispositivi di protezione individuale devono essere gettati nei rifiuti indifferenziati e che sono molto resistenti: se gettati a terra, oltre a durare nell’ambiente decine di anni si rischia una contaminazione indiretta visto che, secondo molti studi, per azzerare l’infettività sulla plastica ci vogliono fino a 72 ore. Purtroppo si tratta di un problema difficile da estirpare, ci si deve per forza affidare al buon senso e al senso civico di ognuno di noi.
  • L’ultima domanda riguarda lei, la sua professione e la sua vita. L’emergenza Coronavirus ha irrimediabilmente chiuso un’epoca, marcando un netto confine tra il “prima” ed il “dopo”. Cosa è cambiato nella sua quotidianità e cosa si aspetta in futuro? Questo virus è entrato nelle nostre vite all’improvviso, ci ha destabilizzato e ci ha costretto a cambiare radicalmente le nostre abitudini. Il decreto del 9 marzo è piombato su di noi come una doccia fredda, quelle disposizioni hanno cambiato la nostra quotidianità. Tutti abbiamo dovuto fare i conti con il Covid-19, tutti abbiamo dovuto accettare che alcuni gesti naturali per tutti – un bacio, una carezza, un abbraccio, il tenersi per mano, le uscite con gli amici – siano diventati “proibiti”. Io ho dovuto completamente ridisegnare la mia quotidianità, dal confinarmi in casa al lavorare sotto pressione, facendo attenzione ad ogni minimo particolare, all’avere paura costante di portare il virus a casa e infettare i miei cari. Fino a metà febbraio davamo il futuro per scontato, stipulavamo contratti che ci vincolavano a rate per diversi anni, fissavamo le vacanze con molti mesi di anticipo, per non parlare dei mutui sulla casa di durata trentennale. Ora il virus ha spezzato la catena e il nostro futuro non è affatto un bene scontato. Quando tutto questo passerà, ognuno di noi avrà imparato una lezione fondamentale: d’ora in poi, prima di coniugare un verbo al futuro, ci fermeremo a pensare se non stiamo facendo il passo più lungo della gamba.