Ha sempre seguito la Reggina in tutti questi anni Luigi Ferrari, portiere degli anni ‘60/’70 della squadra di Granillo e Maestrelli, che nel ricordare i trascorsi con la maglia amaranto ha voluto attraverso i nostri microfoni complimentarsi con il club e con i tifosi reggini per il ritorno in serie B.
Il portiere di Savignano (CN) fa il suo esordio nel 1958 in Promozione con la maglia della Governolese. Il 1960 lo vede alla Biellese in Serie C e successivamente al Bari, contribuendo alla promozione nella massima serie. Non lascia la Puglia e, dal 1963 fino al 1965, passa al Lecce in terza serie. La passione per il pallone lo porta poi ad approdare in riva allo Stretto, militando fino al 1971 nella Reggina, in quegli anni in cadetteria. Non passava inosservata l’attesa di noi ragazzi dell’epoca nel veder spuntare l’undici amaranto dal tunnel che portava al rettangolo di gioco con in testa Ferrari, mentre dagli altoparlanti la voce del mitico Muccio Baccellieri annunciava la formazione: “Reggina: Ferrari, Sbano, Clerici…..ecc”.                                    
Dal fisico asciutto, quasi sempre in compagnia del suo cappellino, dopo i convenevoli di rito a centro campo, si portava verso l’area di competenza e tra i tanti rituali non dimenticava di dare un “colpo con i tacchetti” sul palo, quasi a voler esorcizzare “i famosi sette metri quindici”. Lo rivedo ancora quando, con un movimento naturale, calciava dall’area di rigore la sfera di cuoio quel tanto che bastava a darle una traiettoria mirata a scavalcare la zona centrale del campo, utile a far partire fulmineamente i compagni del reparto avanzato.                               Ben presto, nel corso della lunga chiacchierata, ogni sua parola diventa un pezzetto di fotogramma che si materializza nel parlare dei compagni di allora.                
“Ricordo con piacere Persico, Jacoboni, Mupo, Bello, Tommasini, Neri, Camozzi, Gallusi, il valido Gatto e Sbano, con cui mi sento ancora. Ero il secondo di Piero Persico; allora era il primo anno in B, mentre Jacoboni, è stato mio secondo e successivamente fui io il suo”. Era agli inizi, rammenta, ed “essere il secondo di un portiere di grande esperienza come Persico, vederlo giocare e guardare come teneva la posizione, sono state tutte cose che mi sono poi tornate utili”.
Non sono mancate parole sincere verso per i compagni di un tempo: “Erano veramente bravi. In particolare, Mupo si adattava a giocare sia da centrale che sulla fascia, ma stava al tecnico capire quale elemento poteva con facilità spostarsi da una parte o dall’altra. Florio, il regista per antonomasia della squadra, con i suoi tocchi di palla, faceva quel che voleva”. Preciso e sintetico il ricordo di Santonico, Vallongo, Rigotto e Toschi: “Santonico era un centravanti di potenza. Quando andava dentro, non aveva paura di niente, Vallongo, era più tattico più tecnico. Rigotto e Toschi erano entrambi validi, ma avevano caratteristiche diverse: Rigotto era bravo, molto tattico, aveva un bel controllo di palla, Toschi era molto più svelto, quando aveva la palla era “un fulmine di guerra”.                           
E non si è fatto attendere proprio il commento personale di Giovannino Toschi, l’ala zanzara”: “Eravamo, e lo siamo tuttora, molto amici. Luigi era fortissimo, molto coordinato e tranquillo. Tra i pali aveva una grande posizione. La sua più grande dote: l’umiltà. Ricordo che la mattina andavamo a fare colazione al Bar D’Agostino, situato sul lungomare di Reggio: un bel locale, frequentato da tanti ragazzi e tifosi amaranto”. Anche se il mondo del calcio è in continua evoluzione, Ferrari crede che il modo in cui vive la gara il portiere continui ad essere completamente differente da come lo affrontano gli altri giocatori. A lui è richiesta concentrazione, freddezza per controllare ogni situazione, reazione allo stress del calcio di rigore, sempre nella consapevolezza che un suo errore può essere fondamentale nel condizionare la squadra ed il risultato. In partita, dice Ferrari, “la tensione si faceva sentire, tanto che si poteva andar giù anche di un chilo e mezzo o due. Oltre alla tecnica, contava molto l’esperienza che ti portava a mantenere una determinata posizione, prendere o respingere la palla ecc. Ma quello che era ed è importante è la capacità del portiere nell’essere in simbiosi con il reparto difensivo. Cosa non facile.”                                    
La voce dell’estremo difensore della Reggina è un tutt’uno di emozioni nel ricordare gli anni con la casacca amaranto, tant’è che sue parole diventano immagini di un calcio d’altri tempi: “Guidavo molto la difesa, forse mi rendevo antipatico perché chiamavo spesso e volentieri i compagni e di gol non ne subivo molti. Di mio, sono stato sempre spericolato nelle uscite. In quei momenti lì non si pensa niente. Sei talmente carico che vai, parti, ti butti e non pensi che puoi farti male.
Forse perché sarò un nostalgico, ma ritengo che sia migliore il calcio di una volta. Adesso è cambiato tutto, non si vedono più portieri bloccare la palla. Non so se per i palloni, o altro. Meglio i palloni di una volta, oggi sono più leggeri e prendono traiettorie spesso imprevedibili”. Dal tono gioviale, la sua semplice naturalezza conduce piacevolmente il colloquio sulla Reggina di oggi: “L’ho sempre seguita. Ha fatto un grande campionato. Ha un presidente, Luca Gallo, che ha investito molto. Ha fatto una bella squadra. Da quello che mi è stato riferito, è una gran persona. Mi complimento con i ragazzi per il traguardo raggiunto. Spero che facciano altrettanto bene nel prossimo campionato. Della città e dei reggini ho dei grandi ricordi, sono stati sei anni meravigliosi. Mi sono trovato bene a Reggio, è una fetta della mia vita e qui sono nati i miei figli. Ho molti amici che mi pregano di venire a trovarli. Purtroppo, l’attuale situazione dovuta al Covid ha bloccato tutti per tre mesi. Il pubblico di Reggio – conclude – è stato sempre caldo e meraviglioso, si è meritato la serie B”.