Due donne, due madri e tanti, troppi segreti: questi gli ingredienti principali di “Little Fires Everywhere“, la miniserie drammatica prodotta da Hulu (e disponibile in Italia grazie alla piattaforma streaming Amazon Prime Video) che vede protagoniste una coppia di interpreti di tutto rispetto: la star di “Big Little Lies” Reese Witherspoon e la stella di “Scandal” Kerry Washington, che traspongono su piccolo schermo il dramma di due genitrici a dir poco agli antipodi nella Ohio degli anni Novanta tra balli del liceo, citazioni memorabili a serie televisive in auge in quel periodo e stereotipi ancora difficili da sradicare, in un crescendo di drammatici eventi ben condensati in appena otto puntate.

Richiami hitchcockiani

Tratto dall’omonimo romanzo del 2017 scritto da Celeste Ng, “Little Fires Everywhere” costruisce l’intera storia attorno ai “vizi privati” e alle “pubbliche virtù” di due madri: Elena Richardson (impersonata da Reese Witherspoon), giornalista part-time, moglie e madre (di ben quattro figli) perfetta ai limiti del paranoico (la donna arriva persino a programmare le serate dedicate all’intimità col proprio consorte, interpretato da Joshua Jackson) e Mia Warren (Kerry Washington), artista di talento e madre di Pearl (Lexi Underwood) il cui passato, svelato soltanto negli ultimi episodi, è avvolto nel più assoluto mistero.
L’incontro fra le due protagoniste innescherà una serie di eventi che condurranno ad un epilogo a dir poco “infuocato“. Lo scontro tra la “bigotta” Elena e la “spiantata” Mia nasce e si sviluppa non solo attraverso il legame inizialmente innocente che si instaura tra Pearl e i quattro giovani Richardson – Lexie, Izzy, Trip e Moody – ma soprattutto grazie alla trama secondaria, incentrata sulla lotta per l’affidamento di una piccola creatura che vede contrapposte Linda – madre adottiva e carissima amica di Elena – e Bebe – madre biologica della bambina che si vede costretta ad abbandonarla alla nascita, collega e amica di Mia -. Sarà proprio questa battaglia legale a far emergere gli altarini delle due “mamme colpevoli“, a dire il vero mal celati da entrambe e che condizioneranno il legame tra i pargoli, ma non solo.
La figura della “madre colpevole” – ben costruita dal leggendario cineasta Alfred Hitchcock in pellicole come “Psycho” o “Rebecca – la prima moglie” – in “Little Fires Everywhere” si sdoppia e viene magistralmente portata in scena dalla coppia Whiterspoon-Washington (che prendono parte all’ambizioso progetto Hulu nelle duplici vesti di attrici e produttrici). Entrambe riescono a trasmettere allo spettatore, nelle parole e nei gesti, il meglio ed il peggio di Elena e Mia, rendendole a tratti talmente odiose da rendere impossibile empatizzare con l’una o con l’altra. I loro comportamenti, tuttavia, sono motivati da traumi profondi ben radicati, da dure rinunce, da lutti e da scelte drastiche.
Da un lato, abbiamo una donna – bionda, bianca, sposata, in parte emancipata, il classico ritratto della borghese di provincia – i cui già fragili equilibri saltano, letteralmente, a seguito della nascita della sua quarta figlia, Izzy (interpretata dalla talentuosa Megan Stott, la cui performance emerge decisamente tra le altre dei pur bravi e giovanissimi interpreti della serie): la teenager, il cui carattere è diametralmente opposto a quello materno (e molto più affine a quello di Mia), si troverà ad affrontare notevoli difficoltà, a scuola come tra le quattro (e solo apparentemente rassicuranti) mura domestiche, proprio a causa dei suoi continui contrasti con la signora Richardson.
Come perfetto contraltare di questa famiglia da “Mulino Bianco” troviamo la madre single e afroamericana Mia, sempre in viaggio con la sua bambina, Pearl, il cui attaccamento pare a momenti piuttosto morboso. La ragazzina, al contrario di Izzy, rimane immediatamente affascinata dalla famiglia Richardson, attratta da uno stile di vita più stabile (nonché da Trip, che diventa vertice di un acerbo triangolo amoroso composto, oltre che dalla giovane Warren, anche da Moody, invaghito dell’adolescente). Pearl è alla continua ricerca di risposte sulla figura paterna ed è disposta a tutto pur di ottenere informazioni, anche a rimettere in discussione il complicato legame tra lei e Mia.

Ipocrisie svelate

La duplice presenza ingombrante di Mia ed Elena – e, contemporaneamente, la quasi totale assenza di forti figure maschili – turberà e non poco la vita dei cinque ragazzi, provocando una reazione a catena dai contorni a dir poco drammatici. Le ipocrisie, i segreti e le bugie saranno svelate in un finale al cardiopalma, nel quale le due donne saranno sottoposte a prove terribili e saranno costrette a mettersi a nudo, ammettendo le proprie responsabilità e confidando nel perdono delle persone che amano di più al mondo. Le azioni di Mia ed Elena, tuttavia, avranno conseguenze devastanti anche nella causa penale tra Linda e Bebe, con un colpo di scena proprio nelle battute finali del mini-dramma Hulu. “Little Fires Everywhere” è una tragedia tutta al femminile, che vede due immense interpreti del grande e piccolo schermo vestire i panni di due insolite “Medea” contemporanee, disposte a tutto pur di tenere salde le proprie posizioni, di non vedere intaccato un equilibrio, seppur precario, conquistato a fatica.
Lo scontro tra due culture – addolcito dalle hit in voga negli anni Novanta, da Savage Garden a Chumbawamba, dai richiami a “Buffy – L’ammazzavampiri“, dalla patinata rappresentazione di una comunità, quella di Shaker Heights, solo apparentemente tollerante nei confronti del “diverso” in tutte le sue declinazioni – diventa così guerra esistenziale, dove non si risparmiano i colpi bassi, ma in cui ognuna paga a caro prezzo il peso delle maschere portate. Nonostante sia perennemente paragonata a “Big Little Lies” (dove troviamo sempre protagonista Reese Whiterspoon nei panni di un personaggio simile, ma non identico, ad Elena Richardson), “Little Fires Everywhere” non presenta in realtà particolari tratti comuni alla serie HBO. La miniserie Hulu (alla quale ha collaborato in veste di sceneggiatrice e regista anche la compianta Lynn Shelton) colpisce lo spettatore con un metaforico pugno allo stomaco, regalando un finale ben lontano dall’essere lieto e mostrando l’altra faccia della “solita” medaglia, quella meno incline a porgere l’altra guancia. Lo show è coinvolgente, commovente, suscita una miriade di sentimenti conflittuali, dalla rabbia al dolore, dall’amore al senso di protezione, come accade nella vita. Questa è probabilmente l’autentica, coriacea forza di “Little Fires Everywhere“.