Abbiamo incontrato Enza Petrilli, taurianovese, atleta paralimpica nella disciplina del tiro con l’arco e Vice-Presidente Aida onlus. Enza, nonostante la giovane carriera, è già nel giro della Nazionale. Il suo palmarés conta piazzamenti di rilievo come nel Campionato regionale (prima di classe e seconda assoluta) ed ai Campionati italiani Para-Archery, in cui ha vinto due medaglie d’argento, di classe ed assoluta. Insieme al fidanzato Michelangelo, segue con entusiasmo ed abnegazione gli allenamenti di una squadra composta da sette bambini normodotati.

Ciao Enza; sei rientrata da Rimini dove si è svolta la 48esima edizione dei campionati italiani indoor. E’ stata una gara speciale per te perché si è trattato di un esordio assoluto in questa categoria.

“Si, e tra l’altro è stata una piacevole sorpresa perché ho saputo che avrei partecipato solo negli ultimi giorni poiché ero la quinta riserva. Di conseguenza, ho avuto poco tempo per allenarmi in maniera adeguata. Quando, tramite circolare, sono stata informata che avrei gareggiato tanta è stata la felicità. Ho provato fortissime emozioni nell’aver avuto la possibilità di confrontarmi con atlete normodotate appartenenti al grande panorama del tiro con l’arco, tranne qualcuna che fa parte del giro della Nazionale come me, ed allo stesso modo, solo a vedere 134 paglioni tutti in fila, è una cosa che ti mette i brividi”.

Il livello della competizione è stato di spessore, poiché hai sfidato avversari di rango ed atlete normodotate…

“Sono partita con la consapevolezza di voler divertirmi a prescindere dal risultato finale che avrei conseguito, per il semplice fatto che, rispetto agli altri concorrenti, ho iniziato il mio percorso da poco più di tre anni. Pertanto, il mio livello è diverso da loro avendo vissuto sempre nel mondo paralimpico”.

Immagino che tu abbia provato emozioni diverse dal solito. Ce le racconti?

Troppe, tantissime, indescrivibili. Già mettermi sulla linea di tiro è stato qualcosa di unico. Credo che in questa circostanza l’emozione abbia influito sull’esito finale della gara e, a tal proposito, stiamo lavorando tantissimo in Nazionale su questo aspetto per tenere sotto controllo tutte le possibili emozioni che, a volte, possono giocarti brutti scherzi”.

Facciamo un piccolo passo indietro: si sono svolti al Palacalafiore di Reggio Calabria i XXXIII Campionati Italiani Indoor Para-Archery, manifestazione importante con oltre 50 atleti in lizza. Hai  fatto gli onori di casa ed hai conquistato due medaglie d’argento.

“Un evento che, programmato per Gennaio e poi rinviato causa Covid ad inizio Marzo, è rimasto in bilico sino all’ultimo momento. Gareggiare in casa è stato esaltante sia la presenza di persone che ti conoscevano che per la chiara volontà di dover dimostrare loro qualcosa. La manifestazione è stata organizzata dall’ASD AIDA, società cui appartengo, che ha avuto il suo bel da fare tra preparativi ed allenamenti. Mi reputo appagata del risultato conseguito perché la prima classificata è un’atleta navigata, avendo vinto diversi premi internazionali e preso parte a parecchie olimpiadi, da cui posso attingere come validissimo esempio”.

Una manifestazione molto partecipata diventa un chiaro segnale di radicare anche sul nostro territorio lo sport paralimpico che è, al tempo stesso, fenomeno culturale. Che ne pensi?

“Considero la mia disciplina alla stessa stregua di tutte le altre attività paralimpiche. Grazie ad essa, riesco a superare l’idea di non essere in grado di fare più nulla. E’ una prova di coraggio per far fronte alle difficoltà. Prima dell’incidente capitava di fermarmi dinanzi agli ostacoli che invece oggi posso affermare di affrontare con successo e con un senso di sfida che faccio a me stessa. Il tiro con l’arco è uno sport che mi gratifica tanto perché, a differenza del basket dove competono soltanto persone in carrozzina, mi permette di gareggiare ed ottenere punteggi superiori rispetto ai normodotati”.

Ogni persona possiede un potenziale innato. Pensi che da una situazione negativa hai scoperto di possedere un talento prima nascosto?

“Prima dell’incidente stradale (avvenuto nel luglio 2016 e che le fece perdere l’uso delle gambe, n.d.r.) non ho mai praticato alcun tipo di sport. Ho conosciuto la disciplina del tiro con l’arco durante la riabilitazione. Una volta fatto rientro a casa, ho avuto la fortuna di trovare un bravo allenatore che mi ha permesso di proseguire il percorso iniziato”.

Tu e il tuo arco siete diventati amici. Cosa vuoi dire con queste parole?

“Inizialmente è stato difficile, tant’è che stavo per mollare. Poi, col passare del tempo, gli allenamenti costanti hanno creato un rapporto di simbiosi con il mio arco, ossia un rapporto di dipendenza, intesa come incoraggiamento a fare sempre meglio”. 

Secondo te, quest’attività favorisce l’interazione tra atleti, istruttori, familiari e volontari?

“Si, perché un’atleta disabile coinvolge sempre l’intero nucleo familiare, l’allenatore e le altre persone che mi seguono in occasione delle gare. E’ importante sapere che mi stanno accanto, così come ascoltare i loro consigli o incoraggiamenti prima di una prova importante”.

 Prossimi obiettivi?

Ho messo nel mirino le Olimpiadi di Parigi del 2024. Parteciparvi sarebbe   stupendo perché rappresenterebbe una grande vetrina nell’ambito del panorama europeo di questo sport”.