I fatti tragici accaduti in questi giorni, riguardanti l’uccisione da parte di un americano di un nostro Carabiniere cui, secondo me, non andrebbe neanche dato modo di essere processato relegandolo in una cella per il resto dei suoi giorni, ha nuovamente fatto riaccendere la fiamma contro “l’Imperialismo Statunitense”: nessuno può negare che in questi ultimi decenni abbiamo conferito  alla “missione” americana una sorta di zelo religioso.
Peraltro, la percezione di vivere sotto la sua ombra ormai dura dalla caduta dell’Unione Sovietica, e oggi una fiamma mai sopita, spinta dalla sensibilità, riprende ad ardere. Mai sopita, diffusa e sempre largamente maggioritaria per quanto riguarda il dibattito culturale delle forze politiche che credono in una patria libera da qualsiasi colonialismo politico sociale che, statene certi, ne avremmo presto prova quando l’azione statunitense metterà in campo qualcosa che ostacoli la giustizia italiana, che spero non si calerà le braghe di fronte all’influenza di questo Paese senza storia, facendo invece prevalere indifferenza verso gli Stati Uniti, incapaci da sempre di esprimere una cultura degna di attenzione facendoci capire, se ancora ce ne fosse bisogno, quanto la presenza americana nel mondo bipolare abbia potuto influenzare la storia della nostra nazione e la sua stessa definizione di identità.
Gli Stati Uniti ora offrano a Gabriel Christian Natale Hijorth e Finnegan Lee Elder l’assistenza consolare appropriata, come sempre avviene nei casi di cittadini americani arrestati all’estero. Intanto, la vicenda dei due 19enni di San Francisco fermati a Roma per l’omicidio del Carabiniere Mario Cerciello Rega rimbalzano sui media americani che, nel raccontare l’incidente, ricordano in modo arrogante il caso giudiziario di Amanda Knox, condannata e poi assolta per l’omicidio di Meredith Kercher. La corrispondente della Cnn a Roma, constatato come sulla vicenda ci siano ancora molti punti da chiarire, ha iniziato la guerra mediatica debitamente orchestrata dal governo Trump. Non c’è nulla da chiarire se non prendere coscienza che, mai come in questo caso, non dobbiamo metterci proni davanti agli americani. Mentre i quotidiani di oltre manica dedicano spazio al caso presentando le prove offerte dagli agenti italiani, dal coltello rinvenuto nella stanza d’albergo agli abiti indossati nel corso dello scontro che ha portato alla morte, con otto coltellate, del nostro Carabiniere sottolineando come inizialmente l’omicidio era stato attribuito a due nordafricani immigrati. Le autorità americane per ora mantengono il riserbo limitandosi solo a ricordare i servizi che il Dipartimento di Stato offre in casi analoghi, dall’aiuto a prendere contatto con avvocati che parlano inglese all’assicurare che sia fornita l’appropriata assistenza medica. “Siamo pronti – ho letto sul sito del Dipartimento di Stato Usa – ad assistere cittadini incarcerati e le loro famiglie nei limiti della nostra autorità in linea con le leggi internazionali e straniere” marcando schifosamente un’analogia con la notte in questura di Amanda quando fu interrogata senza avvocato, cercando anche in questo caso di far valere la tesi di violazione del diritto di difesa, quindi di un diritto umano. Porteranno avanti la violazione dei suddetti diritti anche in questo caso. Il Popolo italiano non scagli la dodicesima coltellata, come sarebbe nel caso in cui il reo confesso la faccia franca per qualche vizio procedurale rimandandolo libero al suo Paese in un ennesimo becero servilismo nei confronti del “non popolo” Americano. Italia ti prego, non certificare la definitiva morte del nostro già maltrattato Orgoglio Italico.

Gattuso Maurizio Domenico