E’ l’applicazione del momento, con circa un miliardo di iscritti in tutto il mondo , di cui oltre due milioni solo in Italia (ed i numeri sono destinati ad aumentare). E’ utilizzata da politici, showgirl, sportivi, ma anche da anziani, adolescenti e persino dai più piccoli, che riescono ad eludere con facilità lo stratagemma del limite anagrafico dei 13 anni (davvero pochi per mostrarsi al mondo). Stiamo parlando, ovviamente, di TikTok, l’ultima trovata in fatto di social network.
La funzionalità di questa app – creata in Cina quattro anni or sono – è davvero semplice. Dopo aver creato il proprio profilo su TikTok, è possibile postare dei brevi video (della durata variabile tra i 15 ed i 60 secondi), che possono essere arricchiti da “velocizzazioni” di riproduzione e da immancabili filtri. La sua accessibilità ha reso TikTok l’universo virtuale dei giovanissimi, soprattutto bambini, oramai sempre maggiormente incoraggiati dalla società all’utilizzo indiscriminato ed illimitato di devices e social network, ma non realmente educati all’utilizzo di questi strumenti, potenziali pericoli di diverso genere, alcuni addirittura letali.
Negli ultimi mesi abbiamo assistito impotenti alle innumerevoli denunce di utenti o congiunti di questi ultimi, di esperti, di terapeuti che hanno evidenziato le innumerevoli insidie nascoste dietro il non sempre ingenuo utilizzo di TikTok. Gli iscritti alla app, infatti, postano praticamente tutto quello che riguarda la propria quotidianità, anche quello che forse dovrebbe rimanere privato, come la sofferenza (o presunta tale) arrecata dal dover prendere una scelta delicatissima per la propria vita. Ultimo, solo in ordine cronologico, il caso registrato in California proprio nella giornata di ieri: una teenager ha condiviso su TikTok un breve filmato dove mostra al mondo il suo test di gravidanza positivo e gli ultimi preparativi per recarsi presso una clinica per abortire. Frames choccanti, che hanno scosso un’ampissima fetta di opinione pubblica già stanca di vedere pullulare sul popolare social network ragazzine che esibiscono il proprio corpo come un trofeo e una sequela imbarazzante di challenge sempre sul filo del rasoio.
Proprio a proposito di challenge, sono due le stupide sfide che hanno preso piede su TikTok negli ultimi mesi. Entrambe irripetibili, pericolose per se stessi e per gli altri, entrambe – disgraziatamente – parecchio emulate. La prima è nota come “Salt Challenge” e consiste, sostanzialmente, nell’ingurgitare una quantità spropositata di sale, con prevedibili e disastrose conseguenze sul nostro corpo. “Mangiare troppo sale fa male alla salute nell’immediato e nel futuro – ha denunciato il dottor Simran Deo al “Mirror” – A breve termine, a seconda di quanto ne venga ingerito, può essere velenoso. Questo perché aumenta i livelli di sodio nei nostri corpi portando sete intensa, confusione, nausea e vomito. In casi estremi può anche portare a convulsioni, a un coma o può persino essere fatale, poiché gli alti livelli di sodio fanno gonfiare il cervello all’interno del cranio“, ha spiegato l’esperto.
Un appello, purtroppo, ancora inascoltato da buona parte dell’utenza TikTok, alle prese con un’altra criminale missione da portare a termine e che risponde al temibile nome di “Skullbreaker Challenge“. Partorita da qualche insana mente in Sudamerica – dove è nota anche con il poco edificante pseudonimo “Rompecraneos“, letteralmente traducibile in “spacca-testa” – la sfida consiste nel mettere a repentaglio la vita di una vittima inconsapevole, invitata a partecipare ad un gioco che, nella migliore delle ipotesi configurabili, si tradurrà per il malcapitato di turno in una botta rovinosa sul pavimento e in una figuraccia epica. Il pericolo di questa challenge è, però, molto reale. “Si tratta di un comportamento sbagliato e molto pericoloso – hanno sottolineato gli uomini della Polizia Postale – la mancanza improvvisa di appoggio mentre si salta comporta necessariamente una caduta senza controllo che può determinare lesioni anche gravissime come fratture di arti, svenimenti ed ematomi cerebrali“.
Indurre qualcuno a saltare per fargli lo sgambetto non è uno scherzo, ma una cattiveria molto pericolosa – hanno concluso gli ufficiali della Polizia Postale, ravvisando anche in tale condotta una matrice criminale – far cadere qualcuno mentre salta può determinare danni fisici importanti e la commissione del reato di lesioni, anche se non si hanno ancora 18 anni“.
Altro pericolo reale nel quale i giovanissimi possono incorrere approcciando una app solo apparentemente semplice come TikTok è quello di ritrovarsi a chattare con veri e propri “orchi“. Ha stravolto e diviso il pubblico della Rai la testimonianza riportata da una madre ai microfoni della popolare trasmissione TV “Chi l’ha visto?” ed andata in onda lo scorso mercoledì. La donna ha raccontato il trauma vissuto dalla sua bambina un paio di anni fa, quando ad otto anni ha incontrato sulla sua strada virtuale tale “folletto” (questo il suo nickname in chat), età dichiarata 28 anni, pedofilo seriale.
Per me non ci sono problemi a parlare con una bimba di 9 anni“, chiosava il mostro su TikTok conversando con una minorenne che poteva tranquillamente essere sua figlia, mandandole bacetti virtuali per nulla innocenti e chiudendo con una frase sibillina una loro conversazione: “Vorrei poterti abbracciare“.
Nulla di casto, nonostante l’apparente “purezza” della conversazione che ha scatenato il padre della bambina il quale, fingendo di essere proprio lei, ha continuato la conversazione con il pedofilo anche su Whatsapp, arrivando a svelare la sua vera identità e minacciandolo di denuncia alla Polizia. Una minaccia che, però, non ha avuto seguito, perché inspiegabilmente i genitori hanno deciso di mettere un punto a questa dolorosa vicenda per non turbare la propria bambina, salvo poi optare per un’intervista televisiva ai microfoni dell’inviata del talk condotto da Federica Sciarelli.
Una scelta stigmatizzata da numerosi telespettatori, che non hanno perso tempo intasando immediatamente i profili ufficiali della trasmissione per esprimere la propria opinione in merito. “Però, TikTok a nove anni“, esclama un’utente in rete ipotizzando una responsabilità oggettiva dei genitori della piccola vittima, rei di avere dato in mano alla propria figlia uno strumento tanto potente quanto rischioso. Una teoria, questa, abbracciata da molti genitori e non solo. “Ho una cugina 17enne – scrive un’utente su Instagram – dieci anni fa, se le avessi dato in mano il mio cellulare, mio zio mi avrebbe spedita in Siberia a calci nel sedere. E ora che sono mamma dico: avrebbe fatto benissimo! Ma i genitori moderni amano che i propri figli siano social sin dal momento in cui vengono al mondo“. “Comunque dare il cellulare ad una bambina di 8 anni non è assolutamente normale – sottolinea un’internauta – Ma i genitori non si rendono conto del danno che potevano crearle?“.
Non mancano, infine, gli odiosi episodi di cyberbullismo indirizzati ai giovani videomaker di TikTok che non hanno paura di mostrare qualche Kg di troppo. “Ma è un maschio o una femmina?“, si chiede un utente reagendo al video di un adolescente italiano affetto da obesità che ha postato un filmato mentre si tuffa in piscina. Come possiamo arginare tutti i pericoli legati all’utilizzo “assassino” di TikTok? Denunciare i creatori dell’applicazione, purtroppo, pare essere inutile: basterebbe loro invocare la sempreverde scusa della “libertà di pensiero e parola” per mettere a tacere le proprie coscienze. Coscienze che, però, il libero fruitore possiede e che deve mettere in moto. Basterebbe non tenere sempre a bada i più piccoli mettendo loro in mano un tablet, senza spiegare loro i mille pericoli della rete. Basterebbe responsabilizzare sul serio i ragazzi sulle proprie azioni e sull’idea che non è tutto lecito nella vita per ottenere un like in più sotto il proprio profilo. La realtà virtuale non è la verità assoluta. Come diceva Gilbert Keith Chesterton: “Le fiabe non raccontano ai bambini che i draghi esistono. I bambini sanno già che i draghi esistono. Le fiabe raccontano ai bambini che i draghi possono essere uccisi“. Insegniamo allora ai bambini come “uccidere il drago” in rete.