Sebbene sia un momento complicato per il nostro Paese, avvolto dalla tristezza e da un’assordante silenzio che nessuno poteva immaginare, viene spontaneo tornare con la mente al mondo del pallone di un tempo, quello rigorosamente in bianco e nero. Erano i mitici anni Sessanta, lontani dalla payTv, anni in cui ogni squadra aveva un giocatore simbolo per  agonismo e tecnica genuina. Nella Reggina di quegli anni c’erano molti giocatori di talento. Uno su tutti lo ha regalato ai tifosi di fede amaranto la città di Porcari (Lucca) dando i natali a Giovanni Toschi (290 partite tra serie B ed A e 50 reti realizzate) ala sinistra per eccellenza, apprezzato ed indimenticato protagonista tra la fine degli anni sessanta e settanta con le maglie della Lucchese, Mantova, quella amaranto, Torino, Cesena, Foggia, Novara ecc.
Chi ha i capelli bianchi lo ricorda molto bene Toschino, persona umile dal grande animo. Soprannominato Topolino per la bassa statura nel corso della sua carriera calcistica, si fece apprezzare per intelligenza, per le improvvise accellerazioni sugli spazi brevi ed il fiuto del gol, oltre che per un colpo d’occhio eccezionale nel servire i compagni in area avversaria. “Ala zanzara” lo avrebbe poi etichettato Sandro Ciotti in un suo editoriale. Nella Lucchese, in serie D,(1966-1967) realizza 10 reti in 31 partite. Con il suo savoir faire, racconta ad “A Punta di Penna” come giunse a Reggio Calabria.
Questo il suo ricordo: allora il club amaranto era in cerca di una punta, perché Rigotto era andato all’Atalanta. Persico, grande amico di Beppe Fiaschi, già giocatore e stopper della Fiorentina, che giocava con Toschi nella Lucchese nel ’66, disse che c’erano un paio di buoni elementi, ma uno in particolare era bravo ma piccolino. E’ Giovanni Toschi.

“In quel periodo, ero stato convocato per una partita della rappresentativa Toscana a San Giovanni Valdarno vicino Firenze, e fui visionato da Granillo, Maestrelli e Dolfin. Feci una bella gara realizzando due reti, tanto da convincere il presidente Granillo a rivolgersi ai dirigenti lucchesi con un ‘Toschi è nostro'”

In riva allo Stretto “ il piccoletto” rimase per tre stagioni dal 1967 al 1970, collezionando 106 presenze, venti gol ed una infinità di assist, tanto da diventare un punto fermo della squadra. Rammaricato per il momento triste del calcio, rimane speranzoso nella ripresa dei campionati e nella consapevolezza che “la vita sia la cosa più importante da salvaguardare”.
E’ un fiume in piena quando parla della Reggina. Di quel periodo d’oro ha in mente tutto e tutti. “Granillo, Maestrelli e Dolfin – dice – vanno messi su un piedistallo, perché erano eccezionali”.  Nel raccontare i suoi ricordi, inizia proprio da Oreste Granillo.  

Apprezzata figura del calcio locale e nazionale, fu determinante per la mia carriera calcistica. Era una persona straordinaria. Per me fu come un padre, faceva sentire la sua presenza sempre, seguendoci anche nei ritiri. E’ stato un’onore per me averlo conosciuto ed aver ricevuto insieme a Franco Causio il primo premio a lui dedicato”.

Gli aneddoti sul presidente sono tanti. Tra questi, uno sta particolarmente a cuore alla prestigiosa ala amaranto.

Era la partita Mantova – Reggina e stavamo 1-1. Mi raccontarono che il presidente, venuto ad assistere alla gara, era andato via qualche minuto prima del triplice fischio perché doveva andare in Lega. Lì ricevette i complimenti per la vittoria della squadra. Sorpreso, affermò ‘ma se abbiamo pareggiato!!!’ No, gli risposero, ha segnato Toschi il gol del 1-2”.

Altra figura importante, ma seconda a nessuno, fu per lui Tommaso Maestrelli:“Di lui ho grandi ricordi – sottolinea – Io ero agli inizi della carriera e non avevo la macchina, ed era lui che mi portava al campo. Non ci sono parole per descrivere un grandissimo allenatore. Per me è stato un padre, una persona intelligente che intuiva e capiva le situazioni, anche le più difficili, riuscendo sempre a risolverle. Era grande psicologo, un ottimo tecnico ed un padre per tutti”. Dolfin, dice “era persona squisita. Scoprì lui tutti i talenti della Reggina senza mettersi in mostra, lavorando  dietro le quinte”. Dei compagni di squadra ricorda quasi tutti: Jacoboni, Ferrari, Sbano, Clerici, Divina, Pirola, Sonetti, Gardoni, Pesce, Vanzini, Lombardo, Vallongo, Florio, Causio.                                                 Dice di Sonetti: “Mi difendeva sempre. Se mi facevano un fallo, veniva lui a redarguire l’avversario”. Il suo pensiero va anche a Clerici: “Era già a Reggio ed io era appena arrivato in città. Lui mi è stato vicino facendomi sentire a casa mia, mi ha dato una mano non indifferente. Devo dire che eravamo una famiglia, un gruppo con un rapporto eccezionale”.

Particolarmente esalta le qualità di Vito Florio.                                                 

Lo ammiravo, è stato un’ esempio lampante di tecnica sopraffina. Era un grandissimo calciatore ed ha fatto una meravigliosa carriera, ma non ha avuto la fortuna che meritava per le qualità che possedeva. Prima di ogni partita, ci spronava dandoci fiducia e tranquillità per affrontare l’avversario senza alcuna paura riverenziale”.

Da punta di razza, non poteva mancare il ricordo di Gigi Vallongo.

Con lui eravamo una coppia molto affiatata e ben assortita in campo e fuori. E’ stato un giocatore di altra categoria, un bomber”.

La carriera

Nello spostare l’attenzione sulle sue prestazioni, non dimentica il suo primo gol di testa con la Reggina. “Si giocava Como – Reggina e stavamo perdendo 1-0. Ci fu in calcio d’angolo e la palla scavalcò tutta la difesa. Io ero defilato e potei intervenire di testa facendo gol. Ricordo Franco Causio che mi abbracciò, dicendomi ridendo ‘ma come, ti hanno fatto fare gol di testa!'”.
Parlando di reti messe a segno, dal punto di vista emozionale dice: “E’ vivo in me il ricordo del mio primo gol con la Reggina in B. Era il derby con il Catanzaro, vinto 1- 0”. Ma “il gol più bello lo feci a Messina. In quell’occasione realizzai  una doppietta e vincemmo 4-2”. Nella lunga e dettagliata chiacchierata, si è parlato  anche del Toschi di allora in campo oggi. Questa la sua singolare sintesi: “Con Gigi Simoni e Gustavo Giagnoni mi ritrovai ad una festa a Mantova. Feci allora una domanda al secondo ‘Tanta gente dice che, essendo io piccolino, avrei avuto difficoltà a giocare in serie A’. Rispose ‘chiedi a Totti o a Del Piero, se avessero preferito essere marcati a zona o a uomo. Toschino, se giocassi oggi, con gli spazi che ci sono, con la tua velocità avresti fatto sfracelli’.
“Con le difese di ora – sottolinea il bomber amaranto – cannonieri come Pulici, Bettega e Riva avrebbero fatto 40 gol”. Della sua vita calcistica, parla anche di un momento particolare.“Ebbi una brevissima parentesi con il Palermo in A – per la mia cessione, il club siciliano inserì nella trattativa anche Perrucconi – facendo la preparazione ad Altopascio con Liguori dalla Ternana e Pasetti, il terzino della Juve che proveniva dalla Spal. Eravamo cinque o sei acquisti poi, per problemi economici della società rosanero, la Lega ci rimandò alle società di appartenenza. Fu, credo, l’unico caso nella storia della serie A. Tornai a Porcari. Nei giorni successivi però mi raggiunse Oreste Granillo, che mi riportò a Reggio in vagone letto. Questa è la dimostrazione di quanto tenesse a me”.
“A tal proposito – sottolinea – quando feci il primo allenamento al vecchio Comunale, ricordo che all’uscita dal sottopassaggio c’erano duemila tifosi ad attendermi e mi tributarono un grande applauso che non potrò mai dimenticare”. Il racconto della “Freccia del Sud” si focalizza quindi sul suo triennio di permanenza a Reggio: “Sono stati anni fantastici, meravigliosi. Mi manca la città, la palazzina dove abitavamo, il mare, il corso Garibaldi, il calore sincero della gente. Reggio mi è rimasta nel cuore”. “Quando rivedo qualcosa della città, mi sembra di ritornare indietro di 40 anni”.
Arrivò poi il trasferimento dalla Reggina al Mantova in B. Particolare è l’episodio che lo portò in Lombardia: “Era l’ultimo anno alla Reggina ed andammo a giocare a Mantova. Li vincemmo 0-1 grazie alla mia rete che impedì la promozione in A alla squadra di  Giagnoni, che caldeggiò il mio trasferimento dicendomi ‘ora sei qui ed il gol non ce lo fai’. Passai poi al Torino in serie A e ricordo che in cambio al Mantova arrivarono in comproprietà Maddè, Carelli e Depetrini”.
Il grande Torino è stato l’apice della sua carriera. Delle due stagioni con i granata, c’è una gara che ricorda piacevolmente: “E’ la partita contro il Napoli, dove segnai. Era la 25^ giornata del campionato 1971-72. Sullo 0-0, al 90°, approfittai di un errato disimpegno tra Zurlini ed il portiere avversario Trevisan e, seppur ostacolato, riuscii da terra a mandare il pallone in rete. Quel mio gol ci permise di conquistare il primo posto in classifica dopo 23 anni”. Con il Toro “ho anche nei miei ricordi la tripletta rifilata agli irlandesi del Limerick in Coppa delle Coppe, risultando tra l’altro l’unico granata della storia a realizzare tre reti in una sola partita in Europa”.
La forza e l’umiltà del “piccoletto toscano” trovano ulteriore conferma da un quadretto con Gianni Rivera in Cesena – Milan: “Era quasi la fine della partita ed eravamo alquanto stanchi. Ricordo che andai a contrastare Rivera facendo fallo su di lui. Premetto che era il mio idolo e per questo mi inginocchiai, come per dire ‘non volevo, non volevo’. Lui mi guardò e mi mise la mano sulla testa dicendomi ‘non ti preoccupare’. Tengo a precisare che sono stato sempre rispettoso in campo con gli avversari ed in 20 anni di calcio non sono mai stato mai espulso”.                  
Il suo “escursus” non può che fare riferimento all’odierno campionato della Reggina: “Sebbene il mondo del calcio sia attualmente fermo, la squadra stava facendo un’ottimo campionato fino a quel momento. Su di lei, a mio modesto avviso, non c’è corsa. Con tutto rispetto per il Bari e le squadre che lo precedono, la squadra amaranto è superiore a tutti. Ha tre marce in più. Anche se non è dato sapere quando il campionato possa ricominciare – non so che decisioni prenderanno in Lega-  è mia convinzione che la Reggina andrà in serie B di diritto e con grande merito. Ha un presidente meraviglioso che vuole bene a Reggio, ai suoi ragazzi e alla storia di quelli che l’hanno preceduto”.                                        
“Per ora, e sono i fatti che rafforzano la conferma, con Gallo, Taibi e Toscano la storia ed il ritorno in cadetteria potrebbero veramente ripetersi, così come fu con Granillo, Mestrelli e Dolfin. Ripeto, Gallo è un grandissimo che ha fatto e sta facendo tanto per la città e la società da lui presieduta. Taibi e Toscano sono all’altezza della situazione. Stanno facendo un’egregio lavoro anche in prospettiva, per un futuro ritorno in serie A. Toscano l’accosterei ad Armando Segato. Un grande allenatore che attuava il gioco sugli esterni; per lui erano molto importanti le fasce. Secondo me, sarebbe potuto diventare uno dei più grandi allenatori italiani”.
Non manca il suo apprezzamento per il pubblico di Reggio: “E’ sempre stato fantastico. Mi ha regalato forti emozioni dimostrandomi grande affetto. Un pubblico così merita la Serie A. Non lo scorderò mai. Mi è doveroso ringraziare anche il dr. Iacopino, personaggio importante del mosaico della Reggina di allora, perché ha fatto grandissime cose. Devo dire ancora grazie alla Reggina perchè mi ha formato dandomi la forza di diventare un calciatore vero. L’amore che ho per il club amaranto non passerà mai”. A 33 anni arriva l’ultima esperienza di Giovanni Toschi, tra i professionisti al Viareggio in C2, prima di chiudere con la squadra del suo paese, il Porcari, a 38 anni. Attualmente, collabora con la scuola calcio “l’Atletico di Lucca” da dove sono usciti, per fare qualche nome, Rugani, Bresciani e Benedetti, che adesso è nel settore giovanile del Torino. Chi sa che non possa scoprire talenti che facciano al caso della Reggina!