Immagini di Valentina Giannettoni

Reg(g)ine, madri e guerriere: tutte unite tra loro (e con gli uomini) a combattere per i valori, per Reggio capoluogo e per la cultura cittadina, tra le prime del dopoguerra italiano ad andare non solo contro la Celere, ma anche contro i facili stereotipi sulle donne meridionali e, più in generale, italiane. E’ il ritratto delle donne reggine protagoniste a pieno titolo dei Moti del 1970, di cui si è parlato ieri presso il Villaggio Asi del ristorante “Luna ribelle” a Reggio Calabria nel corso dell’evento “Il ruolo delle donne durante la Rivolta di Reggio Calabria“, organizzato nell’ambito delle commemorazioni per il cinquantenario della Rivolta: alla conferenza stampa hanno preso parte, tra gli altri, Giovanni Romeo, del Coordinamento per il 50° anniversario, il professor Fortunato “Natino” Aloi, leader intellettuale dei Moti, il senatore Renato Meduri e la psicologa Luisa Foletti, moderati dalla giornalista Antonella Postorino.
“Ringrazio tutti coloro che hanno sostenuto l’idea di parlare finalmente delle donne reggine e del loro ruolo fondamentale nel corso dei Moti – ha esordito Romeo, figlio della “pasionaria” Rosetta Zoccali – nella Rivolta la Donna in sé ha dimostrato di andare oltre i soliti stereotipi sulla “femmina” meridionale sottomessa: donne che hanno riaffermato la loro femminilità facendo comprendere all’Italia e al mondo che tutti potevano (e dovevano) svolgere una parte necessaria nei Moti e nella riaffermazione reggina”. “Durante l’anno “caldo” 1970, la donna reggina è stata contemporaneamente madre e guerriera – ha precisato il senatore Meduri – non potrò mai dimenticare le mille follie che ho compiuto assieme a mia moglie e Rosetta Zoccali. Nella vigilia di Natale 1992 – ha poi rammentato visibilmente commosso – Rosetta era ormai moribonda, ma volle farmi comunque una telefonata durante la quale, con una voce flebile, mi disse ‘mi raccomando, continuiamo a tenere duro!’. Dopo qualche ora morì; ho sempre sentito il dovere di seguire quel suo ultimo consiglio e ho tenuto duro fino ad oggi. Questa era una degna Donna reggina, che ha combattuto duramente per la sua città”.
“Questo incontro è importante perché dimostra che i Fatti di Reggio furono un fenomeno popolare, corale ed interclassista avente come protagoniste le donne, una delle prime volte nel dopoguerra italiano – ha poi aggiunto Aloi – La presenza delle donne fu basilare: dimostrarono di saper essere figure di spicco in episodi determinanti per la riuscita dei Moti, guidando i cortei in prima linea con addirittura gli uomini dietro di loro, in seconda fila! Senza nessuna retorica, siamo profondamente grati alle donne reggine per ciò che hanno fatto e che faranno per la città“. Importanti, in questo senso, sono state poi le diverse testimonianze raccontate da Maria Letizia Biasi (figlia di Concetta Ripepi), Guido Castellani (figlio di Claudia Pellegrino, ospite d’onore all’evento) e Francesco Polimeno (figlio di Mafalda Romanò), alle quali è aggiunta la lettura della poesia “Tra i rovi…le Rosette“, recitata dall’autrice Giovanna Malara Restuccia.
“Negli anni Settanta, e non mi riferisco solamente alla Rivolta – ha concluso la Foletti – le donne sono rinate con una maggiore consapevolezza di sè stesse intervenendo, dove fosse possibile, per mediare e calmare gli animi secondo gli archetipi junghiani delle regine, delle donne-madri e delle guerriere come le Amazzoni, che lottavano per pacificare e non per distruggere come comunemente si crede”.
Ultima, ma non ultima, è stata la testimonianza di Annamaria Franco, nipote del leader Ciccio: “Se devo essere sincera, oltre al fatto che all’epoca ero ancora piccola, la Rivolta all’inizio fu per me un evento pesante (per via del cognome che porto) ed anche incomprensibile. Nei momenti più importanti della mia vita, non vedevo mai mio zio perché era troppo preso dalla politica e in particolar modo dai Moti, sui quali ho compreso di più da adolescente ed in modo graduale, parlandone con lui e con altri e riconoscendone l’enorme importanza come rivolta di popolo, spontanea ed interclassista, in una parola: vera”.