La Turchia ha invaso con un’ operazione militare, via aria e via terra, la parte nord orientale della Siria contro i curdi, dopo che, qualche giorno prima, la Casa Bianca aveva annunciato il ritiro delle truppe americane dalla regione, poi parzialmente ridimensionato poiché il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, tuttavia, è contrario alla decisione di lasciare la Siria per paura in primo luogo del ritorno dello Stato Islamico, ancora non sconfitto completamente. Scopo di Erdogan è creare una “zona cuscinetto” sotto il suo diretto controllo tra i confini ottomani e il territorio dei curdi siriani. Ankara considera costoro terroristi che hanno legami con il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, il quale mira all’indipendenza e combatte, da sempre, il governo centrale. Erdogan vorrebbe inoltre, una volta finita l’operazione militare, spostare nel nord-Est della Siria tutti i profughi siriani presenti in Turchia.
I curdi siriani vorrebbero invece imitare i loro omologhi iraniani e mirano a ottenere l’autonomia da Damasco (tra l’altro già concessa formalmente in passato al PYD, uno dei bracci armati del PKK curdo) e considerano loro nemici Assad (relativamente), i turchi e l’Isis. Quest’ultimo persiste come cellule sparse, per cui l’intervento militare turco potrebbe portare ad una liberazione dei miliziani reclusi nelle prigioni curde con il pericolo che lo Stato Islamico possa riorganizzarsi; a parole, sono contrari all’intervento della Turchia tutti i suoi alleati della Nato, ma sul piano concreto nulla è stato messo in campo, a parte il fatto che Olanda, Norvegia, Finlandia, Germania e Francia hanno detto stop alle armi alla Turchia. Gli Usa hanno minacciato “pesanti conseguenze” per Ankara se dovesse proseguire le operazioni di guerra.
Il premier italiano Giuseppe Conte ha definito inaccettabile il ricatto della Turchia, che ha minacciato di aprire le sue frontiere per favorire una invasione europea da parte dei profughi siriani, dopo che la loro accoglienza è stata finanziata dalla stessa Unione Europea con miliardi di euro elargiti ai governanti turchi.