Maurizio Aloisio

In esclusiva ai nostri microfoni Maurizio Aloisio, giovane allenatore reggino, con il quale abbiamo analizzato il momento attuale del calcio dilettantistico, penalizzato fortemente da questa emergenza sanitaria. Si discute sempre se riprenderà o meno la Serie A, trascurando il mondo dei Dilettanti che vedrà invece a rischio il futuro di molte società.

Ciao Mister, tu conosci molto bene la realtà dilettantistica locale, sia per averla vissuta da giocatore che oggi nelle vesti di allenatore. Data l’emergenza sanitaria, che ha portato ad un’inevitabile crisi economica, quale futuro potrà esserci per queste categorie?

“Dalla Prima Categoria in giù, sono campionati di pure divertimento, ma nonostante ciò ho visto che molte società hanno speso cifre sproporzionate, una scelta che non frutta per il loro futuro. Chiaro che, con questa pandemia, non so quante società del nostro territorio riusciranno ad iscriversi alla prossima stagione, mi auguro che non sia così perché sarebbe la fine per il calcio reggino, ma il rischio è davvero concreto. Lo stesso problema è presente in Serie C e Serie D, figuriamoci scendendo nelle categorie inferiori. Credo che la vera risorsa su cui puntare sia il settore giovanile, dove puoi crescere e valorizzare tanti ragazzi a cui daresti la possibilità di lanciarli nel mondo del calcio, oltre che far guadagnare introiti alla società stessa. Naturalmente, per poter mettere in pratica tutto questo è necessario avere delle competenze ben precise. Un esempio su tutti è Mimmo Barillà ai tempi dell’Armando Segato, dove da lì sono nati tanti giocatori che poi hanno avuto un’importante carriera nel calcio professionistico”.

Cosa significa allenare in queste categorie e come potrebbe ripartire la prossima stagione?

Ti rispondo all’ultima parte della domanda: credo che difficilmente si potrà ripartire a settembre, non mi sembra che ci siano le condizioni e, se faranno fatica a riprendere i professionisti, figuriamoci i Dilettanti soprattutto per la mancanza di molti sponsor, colpiti da questa crisi economica. Ci sarebbe anche da dire che da noi in Calabria ci sono stati pochi contagiati dal virus, perciò si sarebbe potuto giocare anche a porte chiuse tenendo conto che già in condizioni normali c’è sempre una poca affluenza di pubblico. Per quanto riguarda il discorso di allenare, mi sono sempre battuto per una causa: che tutti gli allenatori di ogni categoria debbano essere muniti di patentino per poter allenare.
Io mi sono formato per poter sedere in panchina, ed è giusto che lo facciano anche gli altri se vogliono fare questo mestiere. Sono dell’idea che la squadra è lo specchio dell’allenatore, dico questo perché ho avuto modo di viverlo in prima persona. L’allenatore in campionati come Prima e Seconda categoria deve essere supportato da una buona organizzazione societaria alle spalle, soprattutto a livello umano. Devo dire che quando ho fatto di testa mia ho sempre ottenuto i risultati, quando invece si sono intromesse figure esterne sono nati i problemi. Ho avuto la fortuna di avere a Catona e alla Rhegium degli ottimi preparatori atletici come Andrea Santisi e Pietro Candido, senza dimenticare il preparatore dei portieri Angelo Sciarratta, davvero bravo, che ho voluto io e che oggi è al Gubbio in Serie C.
Io, nelle squadre in cui ho allenato, ho sempre fatto capire ai miei giocatori che il mio obiettivo è quello di fare meno errori possibili rispettando però le mie scelte, perché in campo posso mandare soltanto undici giocatori. Oggi i tempi sono cambiati: quando giocavo da ragazzino, portavo rispetto ai compagni più grandi, il campo di terra sembrava il Bernabeu e avevo voglia di allenarmi, nonostante non ci fossero a disposizione grosse strutture. Questa generazione, invece, non ha voglia di fare sacrifici, pretendono tutto senza dare e dimostrare nulla. La differenza tra gli allenatori di squadre professionistiche e noi, è che loro hanno la fortuna di poter lavorare quotidianamente con 30 giocatori, migliorandoli, cosa che nelle nostre categorie non è possibile. Un’altra differenza è la gestione del gruppo: un allenatore, per quanto bravo, è più attrezzato nelle società professionistiche, a questi livelli invece l’allenatore deve fare tutto da solo”.

Augurandoci che la prossima stagione possa ripartire regolarmente, su quale panchina ti vedremo seduto?

“Sono seguito da una società di Seconda Categoria, ma di più non posso dire” (sorride).