Articolo di Mario Anelli

L’attuale situazione di blocchi imposti a causa del Covid ha purtroppo portato l’intera nazione (e l’Europa tutta) a dimenticarci di quello che eravamo. Di quello che siamo stati e di chi eravamo nel 2019, ma anche prima. Spiacevolmente negli italiani si è diffuso il pessimismo, dovuto alla consapevolezza che indietro non si torna e, nonostante le speranze, il nostro futuro appare nuvoloso, se non in burrasca; tutto questo fa sì che gli italiani e, più generalmente gli europei e le nazioni fortemente colpite dal Covid, si siano dimenticati chi fossero e il loro passato.
I giorni della caduta si ebbero con gli ultimi mesi del 2019, poi, iniziato il 2020, iniziò a serpeggiare la paura causata dalle voci rincorrenti e dai primi articoli sui quotidiani, su cui il Covid-19 apparve dall’Oriente come un’ombra cupa, e dalla consapevolezza, almeno per me, che a differenza del 2003 e del primo focolaio di Sars scoppiato sempre in Oriente, sarebbe stato difficile contenere un focolaio molto molto ampio di una Cina che, dato il sistema (forse esagerato) di collegamenti con le restanti parti del globo, non poteva far altro che lasciarlo diffondere a macchia d’olio. Per questo motivo, difficilmente si sarebbe potuto far altro, tutti i collegamenti ferroviari ed aerei furono dapprima interrotti da e per l’Oriente, per poi vedere questo blocco attuarsi da e per tutte quelle nazioni che videro il Covid diffondersi da Est verso Ovest.
La conseguente chiusura di quasi tutte le nazioni europee nel marzo 2020 di certo è stata l’inizio di una possibile “fine” destinata a durare. In Italia la chiusura delle regioni e la delimitazione in zone controllate militarmente non sono state altro che il bisogno di controllo di persone che, per motivi pratici ed inconsapevoli, avrebbero potuto portare ad una diffusione massiccia del virus specialmente nel Nord Italia. Da qui si è sviluppato un accentuato malessere in ogni dove verso le misure di prevenzione che difficilmente potevano immediatamente esser accettate da persone, che, specialmente in Lombardia, hanno vite incentrate sul lavoro e sul movimento incessante da e per le città.
Teoricamente, in un normale sistema algoritmico o computerizzato, il problema potrebbe esser risolto tornando da dove l’errore è partito (possiamo pensare nel 2019), o prima, o, se la storia degli uomini fosse più corta, teoricamente si potrebbe tornare all’origine del sistema per ripartire e per eliminare con le dovute correzioni il “bug”. Questo fattore (teoricamente vero) ci piacerebbe, ma non è la verità.