In occasione della Giornata Mondiale delle Malattie Rare, abbiamo rivolto alcune domande in merito al dott. Corrado Mammì, dirigente della struttura di Genetica Medica al GOM di Reggio Calabria, e su come il Servizio Sanitario regionale calabrese interviene attualmente su di esse.

Cosa sono le malattie rare?

Le malattie rare (MR) sono un gruppo di patologie eterogenee, definite dalla bassa prevalenza nella popolazione generale interessando nell’insieme non più di 5 individui ogni 10.000. Si tratta di un gruppo eterogeneo di condizioni che interessano, per circa il 60% dei casi, la fascia pediatrica e che, in circa l’80%, hanno una causa genetica o a larga componente genetica. Sono  accomunate  da  una  notevole  complessità  clinica  e  di  presa  in  carico, interessano più organi ed apparati: frequentemente il sistema nervoso, sono malattie croniche e invalidanti che incidono notevolmente sulla qualità di vita delle persone che ne sono affette. 
Il loro numero complessivo configura un problema sanitario di grande impatto sociale (verosimilmente circa un milione di persone affette in Italia, esclusi i tumori rari). 

Chi sono i malati rari?

Pur nella peculiarità delle circa 8.000 malattie rare ad oggi identificate, i pazienti affetti da queste condizioni e le loro famiglie condividono bisogni assistenziali e sociali comuni, come l’incertezza della diagnosi, che li spinge verso una vera e propria odissea diagnostica costellata da visite ripetute, indagini ed analisi costose e variegate. Le difficoltà nella diagnosi sono tra l’altro giustificate dal fatto che circa l’85% delle malattie rare note ha una frequenza inferiore ad un soggetto affetto per milione di persone. Per questo, circa la metà dei pazienti non ottiene la diagnosi, mentre il 25% la raggiunge in un tempo compreso tra i 5 e i 30 anni, durante i quali il 40% di essi riceve diagnosi sbagliate e trattamenti inappropriati. La rarità di tali patologie fa sì che i pazienti che ne sono affetti sperimentino maggiori problematiche rispetto ai pazienti affetti da patologie comuni: difficoltà legate a diversi fattori, tra i quali, oltre le difficoltà diagnostiche, anche le carenze di informazioni fra gli operatori sanitari, nonché la carenza di opzioni terapeutiche, soprattutto farmacologiche, e l’impatto emotivo con vissuto di isolamento che affligge i pazienti e i loro familiari.
Il medico che si occupa di malattie rare è consapevole che il suo lavoro, probabilmente, non sarà quello di guarire il paziente ma curarlo, aiutarlo a stare meglio, affrontare nel migliore dei modi il percorso che costui dovrà affrontare verosimilmente per l’intero arco della sua vita. Perciò, stabilire una buona alleanza terapeutica basata sulla fiducia reciproca, che permetta di concordare insieme percorsi diagnostici, diventa il presupposto essenziale per intraprendere un percorso che li vedrà coinvolti costantemente.

Qual’è l’apporto alle malattie rare da parte della ricerca scientifica?

Negli ultimi venti anni la ricerca genetica ha vissuto una vera rivoluzione tecnologica grazie allo sviluppo di metodi di sequenziamento massivo del DNA, che hanno abbattuto di oltre 100mila volte i costi e i tempi delle analisi genomiche e ne hanno aumentato esponenzialmente la processività, permettendone l’utilizzo su larga scala. Con tale nuova tecnologia è oggi possibile lo studio contemporaneo di diversi livelli del flusso dell’informazione biologica, mediante il sequenziamento della porzione codificante del genoma (esoma; Whole Exome Sequencing, WES), il sequenziamento dell’intero genoma (Whole Genome Sequencing, WGS), la valutazione qualitativa e quantitativa delle popolazioni di RNA messaggero e non codificante che caratterizzano le cellule e i tessuti (trascrittoma), la caratterizzazione delle modifiche epigenetiche del genoma che partecipano al controllo dell’espressione genica (epigenoma), in particolare al suo profilo di metilazione (metiloma). Altre importanti innovazioni tecnologiche in ambito biomedico permettono di caratterizzare sistematicamente la composizione dei metaboliti e delle proteine applicata a sistemi semplici e complessi (metaboloma e proteoma). L’utilizzo di queste tecnologie ha richiesto lo sviluppo di nuovi approcci analitici bioinformatici, in grado di gestire e processare un’enorme quantità di dati generati, nonché di strumenti di archiviazione dei dati generati. 
L’insieme di queste tecnologie cosiddette “-omiche” consente di caratterizzare ad altissima risoluzione i sistemi biologici, e il loro uso sistematico determinerà la crescita esponenziale della “medicina di precisione”, attraverso il rapido raggiungimento della diagnosi, la comprensione dei meccanismi delle malattie e l’identificazione di approcci terapeutici basati sulla stratificazione dei pazienti, in modo da garantire una più efficace presa in carico. Negli ultimi anni, l’applicazione diagnostica dell’analisi esomica, diventata indagine di prima linea in molte condizioni cliniche, in particolare nelle malattie rare e orfane di diagnosi in età pediatrica, ha permesso di raggiungere importanti risultati e di ottenere un inquadramento definitivo in circa il 50% dei pazienti.

Cosa è la rete nazionale italiana delle malattie rare?

In Italia, a partire dal 1998 tutti i Piani Sanitari Nazionali indicano le malattie rare tra le priorità da tutelare. Il quadro normativo è contenuto nel D. M. 2001/279 sul Regolamento di istituzione della Rete nazionale delle malattie rare e di esenzione dalla partecipazione al costo delle relative prestazioni sanitarie.  Il Decreto individua una prima serie di patologie soggette ad esenzione e istituisce una Rete Nazionale per la prevenzione e la sorveglianza, attivando un Registro Nazionale presso il Centro Nazionale Malattie Rare (CNMR) dell’istituto Superiore di Sanità (ISS). Affida, poi, alle Regioni il compito di individuare i centri per la diagnosi e la cura al fine di effettuare la sorveglianza e attuare un’adeguata programmazione sanitaria. 
Tuttavia il decentramento regionale che dovrebbe garantire un rapporto più immediato e mirato con le esigenze dei pazienti, costituisce uno degli elementi critici del nostro sistema sanitario, con grosse differenze da regione a regione nella possibilità di accesso ai trattamenti sanitari, provocando discriminazioni che si ripercuotono pesantemente proprio su quelle situazioni marginali che, come le malattie rare, impongono un particolare impegno di spesa. Un risparmio di spesa potrebbe derivare anche da una più efficiente presa in carico nelle prime fasi della patologia, riducendo il numero dei casi non diagnosticati ed abbattendo i tempi della diagnosi nonché aumentando la disponibilità della consulenza genetica per le malattie ereditarie. 

A quando l’ingresso delle scienze omiche nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN) italiano?

Nel 2016 il Consiglio Superiore di Sanità italiano ha elaborato un’indagine preliminare Impatto socio-economico sul sistema sanitario delle tecniche di sequenziamento di seconda generazione (NGS) nell’inquadramento dei pazienti senza diagnosifinalizzata a porre in evidenza, alla luce delle più recenti evidenze scientifiche ed innovazioni tecnologiche, l’indubbio vantaggio dell’uso delle tecniche NGS, in particolare l’analisi WES (Whole Exome Sequencing – sequenziamento dell’esoma) sollecitandone l’implementazione sul piano nazionale e la loro inclusione nei LEA, sia in relazione al loro elevato successo nella risoluzione dei pazienti “senza diagnosi” opportunamente selezionati, sia in relazione alla significativa riduzione dei costi a carico del SSN, evidenziata dall’analisi del rapporto tra gli ingenti costi delle ospedalizzazioni e delle indagini strumentali e di laboratorio precedenti la diagnosi, rispetto a quelli delle tecniche NGS. Nel 2018 la Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ha approvato il «Piano per l’innovazione del sistema sanitario basata sulle scienze -omiche»

Qual’è la situazione nel Servizio Sanitario regionale (SSR) calabrese?

La Regione Calabria con il DCA 134 del 16/10/2020 ha recepito tale piano e tale decisione si concretizza oggi con la prima implementazione della genomica in una struttura di genetica medica ospedaliera quale la UOSD di Genetica Medica del GOM di Reggio Calabria da me diretta, dove è possibile eseguire per la prima volta il sequenziamento del Mendelioma coniugato alla pluriennale attività del suo ambulatorio interno di genetica clinica e malattie rare affidato alla dott.ssa Manuela Priolo, referente regionale per le malattie rare.  
Il Mendelioma consiste nel sequenziamento di tutti geni che sono più comunemente associati all’ereditarietà mendeliana. Si tratta di geni le cui mutazioni possono causare sindrome plurimalformative, patologie metaboliche, malattie genetiche ad insorgenza nell’età adulta, diverse forme di ritardo mentale isolato e la suscettibilità genetica a certe forme di cancro. Inoltre, a tal fine, presso la UOSD di Genetica Medica del GOM di Reggio Calabria è stato necessario implementare avanzati strumenti bioinformatici. Gestire, infatti, enormi quantità di dati, analizzare le informazioni biologiche con metodi matematici, statistici e computazionali per comprendere i meccanismi biologici al fine di formulare ipotesi sui processi della vita, è il ruolo affidato alla bioinformatica. Tale disciplina ha assunto un ruolo fondamentale nell’era della genomica perché ha permesso la risoluzione di problemi biologici a livello molecolare con metodi informatici ed ha dato un rilevante contributo alla comprensione della patogenesi delle malattie. Si è data origine ad una vera e propria rivoluzione scientifica che ha consentito di progettare e realizzare sistemi di condivisione di una grande quantità di “big data”. Ciò ha contribuito alla creazione di un immenso patrimonio, alimentato anche dai grandi progetti scientifici multicentrici internazionali.

Quali traguardi sono stati raggiunti dalla UOSD di Genetica medica del GOM?

Per la prima volta, in Calabria, presso la UOSD di Genetica Medica del GOM di Reggio Calabria 40 soggetti affetti da diverse patologie sono stati sottoposti ad analisi genetica del Mendelioma, utilizzando la piattaforma biorobotica NGS Illumina/Agilent, acquisita di recente dall’azienda ospedaliera. L’analisi di sequenza eseguita in parallelo su circa 5500 geni, pari a circa 17 milioni di basi del DNA per ciascun paziente, sequenziate in un unico esperimento,  ha permesso di identificare in molti di questi pazienti delle importanti malattie rare su base genetica, precedentemente non diagnosticate, che ha permesso finalmente il preciso inquadramento diagnostico e, per alcuni di essi, anche un nuovo approccio farmacologico e terapeutico, come ad esempio un neonato critico affetto da una forma particolare di epilessia farmaco resistente o un soggetto adulto affetto da una rara forma di deficit di creatina cerebrale. La diagnosi è stata possibile grazie anche all’utilizzo di sofisticate tecnologie bioinformatiche oggi disponibili presso la UOSD di Genetica Medica. Si tratta di una specifica “pipeline” bioinformatica che permette di allineare i dati di sequenza del DNA ottenuti in laboratorio al genoma umano depositato nei database internazionali e di interpretare il significato delle varianti geniche identificate a fini clinici.
Si raccolgono così oggi i frutti di un lungo lavoro, iniziato nel lontano anno 2000 con l’acquisto in ospedale del primo sequenziatore automatico del DNA e con l’introduzione nel 2015 della prima strumentazione di next  generation sequencing (NGS) poi ampliata con l’acquisizione di una nuova strumentazione biorobotica. I campi di applicazione per l’analisi del Mendelioma presso il GOM di Reggio Calabria saranno quelli delle malattie rare su pazienti selezionati nel corso di consulenza genetica e su campioni di DNA, provenienti da tutto il territorio nazionale, in ambito di studi collaborativi che vedono la UOSD di Genetica Medica, laboratorio di riferimento nazionale per lo studio delle sindromi da iper-accrescimento, per le gravi obesità monogeniche infantili e il diabete monogenico.  Un pannello ridotto di 350 geni è stato anche applicato in ambito oncoematologico su pazienti provenienti dall’intero territorio regionale per lo studio di leucemie e mielodisplasie, ed altri due a breve saranno utilizzati rispettivamente nel campo dei tumori e delle patologie cardiache.