Sandra Milo ci ha lasciato oggi, a 90 anni, e con lei va spegnendosi pian piano il concetto stesso di “diva” che, almeno nel nostro Paese, resiste flebilmente con attrici come Sophia Loren o Claudia Cardinale, mentre noi iniziamo ad interrogarci se queste “dive” di ieri e oggi avranno mai delle sostitute per il domani, non rendendoci conto di come il divismo stesso sia oramai da decenni morto e sepolto; quel divismo di matrice europea ma soprattutto hollywoodiana (e in Italia sopravvissuto ben oltre le svolte del cinema statunitense) oggi soppiantato da attori e attrici impegnati, dinamici e/o militanti, a volte talmente ancorati alla realtà da svilire il compito primario del cinema: catapultare lo spettatore nei sogni. Eh sì, le “dive del cinema”, ossia quelle sempre perfette, imbellettate e odoranti di cipria e profumi costosi, erano prima di tutto delle dee che noi comuni mortali guardavamo dal basso verso l’alto, con timore e riverenza, che ogni tanto scendevano tra noi per concedere qualche intervista o ritirare un premio, ma non offrivano nient’altro della propria vita privata, un aspetto che, nell’era dei social e della privacy inesistente, risulta quasi inconcepibile per non dire fuori dal mondo.
La giunonica Sandrocchia diva lo è stata certamente, ma si è venuta a trovare, come diverse/i altre/i sue/oi colleghe/i, in un’età di mezzo che ha visto il tramonto del cinema classico e l’alba di quello più sperimentale e della tv anche se, soprattutto nel suo caso, non è stato necessariamente un male. Da tutti conosciuta (ed anche forzatamente etichettata) come la “musa di Fellini“, tirata in ballo più per la sua complicata vita sentimentale che per le doti d’attrice, qualche volta immeritatamente criticata anche se richiesta dai migliori registi (non c’era mica solo Fellini nella sua vita, come dimenticare i vari Pietrangeli, Becker, Rossellini, Corbucci, Bolognini, Risi, Avati ecc…) la Milo è andata avanti per la sua strada passando da “diva di riflesso” sotto la luce felliniana a conduttrice tv fino a personaggio dello spettacolo a tutto tondo (omaggiata anche da imitazioni e parodie, come la più recente di Virginia Raffaele) ri-mettendosi sempre in gioco ma restando fedele all’immagine di donna gioviale, un po’ svampita, dall’inconfondibile voce stridula ed ingenua, quell’immagine plasmata proprio dal Federico nazionale, il quale resuscitò letteralmente la carriera dell’attrice con 8 1/2 dopo le feroci stroncature per il ruolo da protagonista in Vanina Vanini di Roberto Rossellini (1961), che le affossarono la carriera per tre anni (addirittura fu soprannominata “Canina Canini“). Grazie a lei e ad altre attrici, Fellini creò quello che finì per diventare non solo uno dei suoi personaggi più riusciti, ma persino parte del nostro immaginario cinematografico e popolare: la donna formosa, “gigantesca”, colma di gioia di vivere in modo quasi dionisiaco ed esoterico, un’amante materna e passionale da cui rifugiarsi per purgarsi dai peccati e da un’esistenza vuota e misera, ma pronta a tramutarsi in un incubo ed irrompere in un’esistenza apparentemente serena.
Se è vero che Fellini abbia vampirizzato un po’ troppo la carriera di Sandra (come d’altronde fece anche con Mastroianni, Anita Ekberg o la stessa Giulietta Masina) è altrettanto veritiero che l’ha trasformata in un’icona eterna, capace di resistere ai colpi del tempo e reinventarsi di volta in volta, persino negli anni Ottanta quando si ricreò l’immagine di presentatrice televisiva dopo una lunghissima pausa volontaria per dedicarsi alla famiglia e finendo per divenire, suo malgrado, un tormentone dei successivi anni Novanta con il tormentone “Cirooo”, ripreso dalla sua reazione urlata allo scherzo telefonico (di dubbio gusto, col quale le fecero credere che il figlio Ciro fosse rimasto gravemente ferito in un incidente stradale, n.d.r.) compiuto in diretta da una persona mai identificata durante la sua conduzione della puntata dell’08/01/1990 del programma Rai L’amore è una cosa meravigliosa; in quell’occasione, la Milo passò da musa felliniana a nuovo volto della tv verità e degli inconvenienti della diretta, oltre a subire moltissime prese in giro (persino remix da discoteca e, più recentemente, meme sui social) e l’insinuazione di aver organizzato una sceneggiata per alzare un po’ l’asticella dell’audience. Ma anche in quell’occasione seppe venirne fuori continuando, anzi riprendendo, la carriera d’attrice in serie tv e pellicole restando, manco a dirlo, sempre e solo sé stessa.
No, a Sandra Milo non è toccato il timore paventato da Julia Roberts nella citazione nottinghilliana “diventerò una triste e patetica matrona che assomiglia a una che è stata famosa per un po’”; no, Sandrocchia è rimasta fino alla fine famosa, iconica, dunque eternamente viva e gioiosa.