Nella puntata della scorsa domenica della nota trasmissione Mediaset “Le Iene“, è andato in onda un servizio che ha fatto parecchio discutere e che senza dubbio solleverà un enorme polverone anche nelle settimane successive. Oggetto del contendere, se così possiamo definirlo, era la madornale differenza tra la gestione ed il funzionamento dei Pronto Soccorso calabresi e quelli lombardi.
Prima di addentrarci nella questione specifica, però, una premessa è d’obbligo: il programma d’inchiesta condotto da Nadia Toffa e da un intero cast corale improvvisatosi conduttore nella serata domenicale, da Alessia Marcuzzi e Nicola Savino nel prime time del martedì, divide opinione pubblica e critica per la qualità non sempre eccelsa dei suoi servizi. Alcuni degli scoop sensazionali dello staff vestito di nero sono, in effetti, abbastanza discutibili; è altrettanto vero, però, che il grande merito della trasmissione è stato quello di portare alla luce argomenti piuttosto “scomodi” da affrontare per una buona fetta della stampa “ufficiale”, primo fra tutti il caso della Blue Whale, da molti giornalisti rinnegato, ma realmente esistente.

Sanità da terzo mondo

Un altro vaso scoperchiato nelle precedenti settimane da “Le Iene” riguarda il malfunzionamento e la pessima gestione della sanità calabrese. L’inviato Gaetano Pecoraro ha coraggiosamente documentato, accedendo all’interno di alcuni nosocomi del reggino, lo sperpero selvaggio dei soldi pubblici e la totale fatiscenza degli ospedali di Locri e Polistena (Rc). Il format, denominato a ragion veduta “Ospedali da incubo“, ha portato agli occhi degli spettatori delle immagini degne di strutture sanitarie da terzo mondo. Una questione grave, spinosa ed imbarazzante che ha portato il Ministro della Sanità Grillo prima ed il Premier Conte poi a prendere misure drastiche per tentare di porre rimedio ad una gestione dei fondi “assassina” a danno di medici, operatori e, soprattutto, pazienti.

Pronto soccorso: Nord VS Sud

Pecoraro, però, non si è fermato qui. Durante la puntata del 14 aprile, infatti, è stato trasmesso un servizio choc che metteva a confronto due Pronto Soccorso: quello milanese e quello calabrese. Sin dalle prime immagini (che nei Pronto Soccorso calabresi sono state girate in incognito da coraggiosi operatori del 118, probabilmente stanchi di lavorare in condizioni squallide e precarie), la differenza è a dir poco lampante: all’efficienza e alla modalità “multitasking” della sanità milanese si contrappone, invece, una gestione disordinata e sciatta degli ospedali della nostra bella regione.
Medici assenti (“Se viene un malato con infarto dobbiamo andare a chiedere un favore al medico di turno se ce lo guarda. Dicono che c’è confusione perché ci sono tanti malati, ma qua lavorano con i piedi“, ha raccontato una testimone all’interno del Pronto Soccorso nostrano), tempi ultra dilatati, macchine per i primi controlli che non funzionano (e che spingono un paziente in gravi condizioni ad affrontare un “viaggio della speranza” di ben 40 minuti; direzione? L’ospedale di Locri, quello che veniva mostrato negli scorsi servizi mentre cadeva a pezzi): il quadro che viene rappresentato nella nuova inchiesta de “Le Iene” mostra uno scenario apocalittico ma, ahi noi, inconfutabile.

Sdegno social

Nonostante le immagini (da alcuni utenti definite “sensazionalistiche“), il web è stato intasato da una serie infinita di commenti, pensieri, esperienze personali e, ovviamente, insulti. La pagina Facebook de “Le Iene” è stata presa d’assalto sia dai “paladini” della sanità settentrionale che dai cosiddetti “campanilisti”, figli di un retaggio pseudo secessionista che vuole il Nord dello Stivale sempre contrapposto al Sud e sempre, irrimediabilmente, il primo vincere sul secondo. “La sanità in Calabria non funziona, quindi i calabresi vanno a Milano a curarsi, di conseguenza la regione Calabria versa ogni anno alla regione Lombardia quasi mezzo milione di euro come “rimborso” (passatemi il termine), denaro che non entrerà nelle casse degli ospedali calabresi impoverendoli ancora e arricchendo ancora gli ospedali milanesi“, scrive un utente, che riporta anche fonti attendibili per comprovare tale affermazione. “Io al policlinico ci ho lavorato ed ora lavoro al Sud. Diciamo che non è tutto oro quello che luccica, ma si avvicina. Il Sud su questo punto di vista è triste“, scrive un’utente alla quale, però, fa eco un altro internauta: “Diciamo che al Nord non è sempre così e con le telecamere è normale che sono stati accorti e veloci. Dovreste improvvisare e andare con telecamere nascoste. Sicuramente come gentilezza, e cortesia non hanno uguali. Ma forse efficienza un po’ meno“.
Non mancano, infine, i detrattori nudi e crudi della trasmissione televisiva in onda su Italia Uno. “Servizio ridicolo, purtroppo – sentenzia un’internauta Facebook, che spiega – Quello che serve non è paragonare l’efficienza del policlinico di Milano con quella di un ospedale di un paesino della Calabria, bensì denunciare gli sprechi, le inadempienze, la mancata professionalità degli operatori sanitari, laddove vengono riscontrati. E soprattutto le telecamere nascoste aveste dovuto usarle in entrambi gli ospedali“.

Cambiare le cose

Alcuni followers della pagina Facebook ufficiale della trasmissione hanno anche sottolineato come il servizio di Gaetano Pecoraro sia quasi una sorta di “aggressione alla Croce Rossa“, nel corso della quale il Policlinico milanese – complice anche la presenza della troupe de “Le Iene” – ha, per così dire, vinto facile. Potrebbe essere in parte vero, specialmente se, scorrendo lungo i commenti sul noto social network, vengono alla luce esperienze vissute di pazienti o parenti di pazienti che non sempre hanno riscontrato questa efficienza super negli ospedali lombardi o, in generale, siti in regioni del Nord Italia.
E’ innegabile, però, che la sanità calabrese fa acqua da tutte le parti e che sono proprio gli stessi Calabresi ad emigrare a Milano e dintorni più per ragioni sanitarie che lavorative. E’ ora di guardare in faccia la realtà, senza ricorrere a paragoni scontati: la Calabria deve cominciare ad investire seriamente nella salute dei suoi conterranei, che non possono combattere per la propria vita in strutture indegne anche di una trincea, con attrezzature scadenti o mancanti, medici assenti e politicanti disposti a giocare sulla pelle dei propri elettori pur di intascare qualche tangente di troppo. E’ ora di svegliarsi, di mettere da parte i campanilismi e di dimostrare che i Meridionali e soprattutto i Calabresi, se vogliono, possono raggiungere gli stessi picchi di eccellenza dei settentrionali.