Federico Fellini e (dietro) Giuseppe Rotunno – Foto Mary Ellen Park

Oggi è venuto a mancare uno degli ultimi, leggendari direttori della fotografia del cinema mondiale, quello con la C maiuscola: Giuseppe “Peppino” Rotunno, l’uomo che ha saputo immortalare sulla pellicola i sogni e le visioni dei nostri migliori registi, Federico Fellini e Luchino Visconti su tutti. Un gravissimo lutto nel mondo dello spettacolo a 2021 appena iniziato, come se non fossero già bastati quelli che hanno funestato l’anno scorso.
Nato a Roma (dove si è spento oggi a 97 anni) nel 1923, Rotunno aveva iniziato la sua lunga carriera di creatore d’immagini, luci e colori (tale è il ruolo del direttore della fotografia, che sui set ricopre un’importanza all’interno della troupe persino maggiore del regista) nei primi anni Cinquanta e, nel giro di poco tempo, si fa notare da Luchino Visconti, che nel 1956 lo chiama a dirigere la fotografia del suo film Le notti bianche con Marcello Mastroianni, Jean Marais e Maria Schell. Sarà proprio questo film a dare avvio ad un lungo sodalizio tra i due (conclusosi nel 1967 con Lo straniero), che partorirà, tra gli altri, lo splendido bianco e nero contrastato e glaciale di Rocco e i suoi fratelli o il Technicolor maestoso con una strana atmosfera di disfacimento ne Il Gattopardo.
Per la sua capacità di annullarsi nell’immaginazione e nelle esigenze dei registi, che apprezzavano quella sua fotografia impersonale, densa di contrasti e profondità di campo, nonché di quelle ombre lunghe notturne a metà tra l’espressionismo e l’esistenzialismo, Rotunno si ritrovò spesso ad assistere i più importanti cineasti italiani, come Mario Monicelli (di cui fotografò La Grande Guerra e I compagni), Vittorio De Sica (che lo volle per Ieri, Oggi e Domani e I girasoli), Antonio Pietrangeli (per Fantasmi a Roma), Pier Paolo Pasolini (La Terra vista dalla Luna, episodio del film collettivo Le streghe), Lina Wertmuller (Film d’amore e d’anarchia) e Roberto Benigni e Massimo Troisi (per i quali diresse la fotografia del cult Non ci resta che piangere). Per non parlare poi dei registi stranieri, da John Huston (per La Bibbia) a Stanley Kramer (con L’ultima spiaggia e Il segreto di Santa Vittoria) passando per Mike Nichols (Conoscenza carnale, A proposito di Henry e Wolf – La belva è fuori) e Fred Zinnemann (Cinque giorni, un’estate) fino a Bob Fosse (con All That Jazz, per cui ottiene la nomination all’Oscar per la migliore fotografia nel 1980) e Terry Gilliam (per Le avventure del barone di Munchausen), tra gli altri.

La collaborazione con Fellini

Ma Rotunno verrà ricordato soprattutto per la sua collaborazione con Federico Fellini, del quale curò la fotografia di ben otto pellicole da Toby Dammit, episodio di Tre passi nel delirio (1968), a E la nave va (1983), esattamente durante quel periodo in cui lo stile e le tematiche del regista romagnolo si fecero ancora più vitali, ma anche più funerei o, se preferiamo, persino un po’ manieristici. Stiamo parlando di capolavori come Roma, Amarcord e Casanova.
Nella sua carriera, Rotunno ha vinto otto Nastri d’Argento, due David di Donatello ed il prestigioso premio britannico Bafta. Che altro dire, un ennesimo pilastro della nostra cinematografia che se n’è andato e che ci lascia una grande eredità artistica.